Il ravvedimento ha l’effetto di affrancare il credito
I rimedi prospettabili sulla posizione del cedente e del cessionario, in caso di errori nelle comunicazioni relative ai crediti, portano una ulteriore riflessione, che si innesta sulla opportunità o meno di azionare rimedi civilistici per la restituzione di quanto pagato.
Il ravvedimento del credito rivelatosi non spettante, operato dal cedente, è in grado di affrancare l’utilizzo del credito da parte del cessionario? O meglio ancora, a quest’ultimo, una volta acquisita consapevolezza della non spettanza del credito dopo il suo acquisto in buona fede, è in radice precluso qualsiasi utilizzo, esponendosi al rischio di censure per indebita compensazione?
Esigenze di coerenza propenderebbero per l’affrancamento del credito in capo al cessionario: ciò, non solo in ossequio alla ragione dell’istituto del ravvedimento operoso – che, come noto, è rinvenibile nell’eliminazione integrale del danno erariale – ma anche a salvaguardia del principio di acquisto in buona fede dell’acquirente e di tutela dei meccanismi di circolazione dei crediti di imposta.
Se, d’altro canto, è pacifico che il ravvedimento del cedente – comprendendo anche interessi e sanzioni – abbia ristorato completamente il danno subito dall’Erario, è altrettanto pacifico che l’acquisto del cessionario – il quale, in principio, non era a conoscenza del vizio del credito – si sia informato ai canoni della buona fede, e che, per l’effetto, il successivo utilizzo del credito sia avvenuto comunque in conformità a quanto precisato dalla circolare dell’agenzia delle Entrate n. 24/E dell’8 agosto 2020, secondo cui, proprio in ipotesi di successiva rettifica del credito sul cedente/beneficiario, «il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta».
In altri termini, il rimedio azionato dal primo titolare dell’agevolazione consentirebbe al credito di svincolarsi dalla sua fonte genetica e di circolare come “moneta fiscale”, senza preclusioni e senza che si debbano azionare complessi meccanismi di rivalsa del prezzo del credito acquistato, divenuto non più utilizzabile.
Ad ogni modo, anche in questo caso è auspicabile un immediato intervento in via legislativa, o un chiarimento ufficiale da parte dell’agenzia delle Entrate.