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Il recesso del socio non consuma le riserve in sospensione

Secondo la Dre Lombardia la riserva può rimanere a patrimonio netto

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di Giorgio Gavelli

La riserva di rivalutazione in sospensione d’imposta non viene necessariamente “consumata” in caso di recesso del socio e può rimanere a patrimonio netto; la differenza da recesso, calcolata senza considerare tale riserva, costituisce un costo deducibile per la società (e, per trasparenza, per i soci superstiti) ai fini Irpef ma non ai fini Irap. È di sicuro interesse questa risposta ad interpello (904-1518/2020) resa nei giorni scorsi dalla Dre Lombardia, in particolare ora che, per effetto dell’articolo 110 del Dl 104/2020, moltissimi sodalizi stanno pensando a rivalutare le immobilizzazioni presenti in bilancio.

Il caso rappresentato è abbastanza comune: in una Sas in contabilità ordinaria, dotata di un patrimonio netto costituito da una modesta dote di capitale, scarsi utili non distribuiti ed una rilevante riserva in sospensione d’imposta risultante dalla passata rivalutazione di beni immobili, un socio intende esercitare il diritto di recesso e la valutazione della sua quota al valore corrente è notevolmente superiore alla sua quota di capitale e di utili non distribuiti.

Il dubbio che si pone, quindi, è se tale situazione imponga alla società di “intaccare” la riserva di rivalutazione o meno, ben sapendo che, nella prima ipotesi, essa assumerebbe rilevanza fiscale sui soci, venendosi a verificare una ipotesi di distribuzione ai sensi del comma 3 dell’articolo 13 della legge 342/2000. Se questa fosse stata la risposta dell’agenzia delle Entrate ne sarebbero conseguiti problemi di non facile soluzione, atteso che la liquidazione di un solo socio (quello receduto) avrebbe inciso negativamente sulla fiscalità anche di quelli superstiti.

Ricordiamo che la disciplina del recesso da società personale è stato affrontata dalla risoluzione 64/E/2008, la quale, in sintesi, ha fissato i seguenti principi. Vediamoli nel dettaglio.

•L’importo corrisposto al socio in occasione del recesso risulta costituito da due componenti:

a) il rimborso della quota di capitale sociale versato e l’attribuzione delle riserve di capitale e di utili già imponibili per trasparenza non ancora distribuite;

b) il riconoscimento dell’eventuale maggior valore economico del complesso aziendale alla data dello scioglimento del rapporto sociale rispetto ai valori contabili del patrimonio, che costituisce la cosiddetta «differenza da recesso».

•Tale ultimo importo rappresenta un componente negativo rilevante ai fini della determinazione del reddito della società, deducibile nell’esercizio in cui sorge il diritto alla liquidazione della quota.

•L’importo risultante come differenza tra le somme o il valore normale dei beni riconosciuti al socio per effetto del recesso ed il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta dal socio medesimo costituisce reddito d’impresa, imponibile per competenza ma con possibilità, in presenza del requisito temporale di cui all’articolo 17, comma 1, lettera l), Tuir, di essere assoggettata a tassazione separata, salvo che il contribuente non opti per la tassazione ordinaria.

A seguito della risposta della Dre si comprende che la riserva in sospensione d’imposta (emergente da una rivalutazione di immobili in cui si è pagata l’imposta sostitutiva per ottenere la rilevanza fiscale ma non quella per affrancare la riserva) non è da considerare tra le «riserve di utili e di capitale» da assumere come distribuite nell’ambito della liquidazione della quota, a meno che, riteniamo, non sia la società stessa a volerlo eliminandola contabilmente. Mantenendo la riserva in sospensione d’imposta integralmente in bilancio, la «differenza da recesso» viene calcolata considerando la restante parte del patrimonio netto (in proporzione alla quota di patrimonio detenuta dal socio recedente), e l’importo non “coperto” patrimonialmente diviene costo deducibile nell’esercizio in cui viene esercitato il recesso (non però ai fini Irap). Il socio rende imponibile il differenziale tra il corrispettivo del recesso ed il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, quale reddito di partecipazione (quadro RH) o, in presenza del requisito temporale, quale reddito a tassazione separata (quadro RM). Per la società, l’eventuale imponibile di periodo (al netto della differenza da recesso) verrà tassato per trasparenza in capo ai soci che sono tali alla chiusura dell’esercizio, sui quali si renderà imponibile anche la riserva in sospensione se e quando verrà distribuita.

Ricordiamo che la «differenza da recesso» non è rilevante fiscalmente in caso di recesso da società di capitali, anche qualora imputata a conto economico (risposta Dre Emilia Romagna protocollo 11489/2007, commentata sul Sole 24 Ore del 30 agosto 2007). Il principio di «neutralità» ora affermato dalla Dre Lombardia, tuttavia, dovrebbe valere anche per queste società.