Controlli e liti

Recesso dalla Sas non pubblicizzato, il socio risponde per i debiti sopravvenuti

L’ordinanza 18829 della Cassazione ha considerato legittima la cartella che ha chiesto al socio di saldare un debito sorto l’anno dopo la sua uscita

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di Gabriele Ferlito

Resta la responsabilità per i debiti sopravvenuti se il recesso del socio accomandatario di una Sas non è pubblicato nel Registro delle imprese. È il principio affermato dalla Cassazione con l’ordinanza 18829/2020, che ha considerato legittima la cartella di pagamento con la quale l’agenzia delle Entrate ha chiesto al socio di saldare un debito sociale sorto in un’annualità successiva al recesso.

La tematica oggetto della sentenza è molto sensibile, perché interessa la responsabilità personale dei soci di società di persone per i debiti sociali. Con specifico riferimento alla sas, l’articolo 2313 del Codice civile prevede che il socio accomandatario risponde solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali (diversamente dal socio accomandante, che risponde nei limiti della quota conferita). In caso di recesso, l’articolo 2285 del Codice civile dispone che il socio accomandatario è responsabile verso i terzi per le obbligazioni sociali sorte fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto sociale. Sotto questo profilo, il comma 2 dell’articolo 2290 del Codice civile prevede che lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, altrimenti non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato.

Da quest’ultima disposizione la giurisprudenza della Suprema corte (si vedano tra le altre Cassazione n. 1046/2015 e n. 19797/2015) ha tratto la conclusione che il recesso del socio di società di persone, di cui non sia stata data pubblicità ai sensi dell’articolo 2290, comma 2, del Codice civile, mediante iscrizione nei registro delle imprese, non è opponibile ai terzi, producendo i suoi effetti unicamente all’interno dell’ambito societario. Con la conseguenza che, nei confronti dei terzi, compresa l’Amministrazione finanziaria, il rapporto societario deve considerarsi ancora in essere, con tutte le conseguenze del caso in tema di responsabilità personale del socio per le obbligazioni sociali.

Questi principi sono stati pienamente confermati dalla pronuncia in commento, avente ad oggetto un caso in cui l’agenzia delle Entrate chiedeva al socio accomandatario receduto il pagamento dell’Iva dovuta dalla sas per una annualità successiva alla fuoriuscita del socio dalla compagine. In particolare, dato che la cessione della quota societaria non era stata iscritta nel registro delle imprese, la Corte ha concluso che in capo al socio accomandatario permane l’obbligo di versare l’Iva non pagata dalla società, non essendo opponibile all’Agenzia la cessione della quota societaria.

Pur trattandosi di questione non toccata dalla pronuncia in commento, si ricorda che l’articolo 2304 del Codice civile garantisce al socio di una Sas il «beneficium excussionis», secondo cui il creditore sociale può rivalersi sui beni personali del socio solamente dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società. Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Cassazione (tra le altre, 15966/2015 e 1996/2019), si tratta di una eccezione che può essere fatta valere in sede di esecuzione, ma nulla impedisce al creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio.


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