Controlli e liti

Il redditometro «rispetta» la privacy

di Elisa Chizzola


Il redditometro supera il vaglio della conformità alla normativa privacy. La Cassazione con l’ordinanza n. 17485, depositata il 4 luglio scorso, effettua un interessante bilanciamento di interessi tra l’utilizzo dei dati e informazioni raccolte ai fini dell’accertamento sintetico del reddito e la tutela della riservatezza del contribuente, «promuovendo» il redditometro.

In particolare, la prima sezione civile della Cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’agenzia delle Entrate contro la decisione del Tribunale di Napoli che ordinava all’Agenzia stessa di non intraprendere attività di ricerca e trattamento dati e informazioni in relazione a un contribuente sottoposto a redditometro, soprattutto sul versante delle spese sostenute.

La Corte sottolinea che il potere dell’amministrazione finanziaria di svolgere attività accertative con metodo sintetico risulta pienamente legittimo sotto il profilo della tutela dei dati personali del contribuente, trovando il suo fondamento nell’articolo 38, comma 4 e 5 del Dpr 600/1973 e nella più generale potestà impositiva di rilievo costituzionale in capo allo Stato (articolo 53 della Costituzione). Tale potere, quindi, non trova la sua fonte normativa nel Dm 24 dicembre 2012, il quale disciplina esclusivamente le modalità di trattamento dei dati, raccolti ed elaborati in base ad altre disposizioni di legge.

Pertanto, secondo i giudici di legittimità appare del tutto fuorviante porre la questione del rispetto del Codice della privacy, in relazione all’applicazione del redditometro.

La pronuncia della Cassazione appare ancora più pregnante se si considerano le rilevanti modifiche apportate alla disciplina del redditometro dal legislatore del 2010: come noto, tali innovazioni valorizzano il vasto patrimonio informativo disponibile nell’anagrafe tributaria e, se confrontati con la norma previgente, garantiscono più attuali modalità di raffronto tra la capacità di spesa dimostrata dai contribuenti e il reddito dichiarato.

L’utilizzo sempre più approfondito e integrato delle informazioni presenti nel sistema informativo dell’anagrafe tributaria richiede necessariamente importanti riflessioni sotto il profilo della tutela dei dati personali e, si potrebbe dire, nonostante questo rinnovato quadro, la corte di Cassazione considera il redditometro pienamente conforme alla normativa privacy.

Peraltro, il ragionamento giuridico della Corte non è «intaccato» dalla recenti attenzioni che il legislatore italiano ha riservato al redditometro attraverso il cosiddetto Decreto dignità: infatti, come noto, tale intervento innova esclusivamente sotto il profilo della metodica di ricostruzione induttiva del reddito.

E non solo. L’argomento appare ancora più attuale e rilevante se si considera la piena applicazione, dal 25 maggio 2018, del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (Gdpr), che garantisce un alto livello di protezione dei dati personali uniforme in tutti gli Stati membri. A tale riguardo, è stato pubblicato il Dlgs 10 agosto 2018, n. 101, decreto di adeguamento del Codice della privacy al Gdpr (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4.9.2018, n. 205).

Per approfondire leggi l’articolo sulla Settimana Fiscale 41/2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©