Imposte

Il saldo attivo affrancato con la sostitutiva evita la nuova imposizione

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di Giacomo Albano

Il saldo attivo di rivalutazione affrancato mediante assoggettamento a imposta sostitutiva è una posta liberamente utilizzabile e non assoggettabile a ulteriore imposizione ai fini delle imposta dirette in capo alla società qualora impiegata per rimborsare ai soci recedenti il valore della rispettiva partecipazione. È quanto stabilito dalla sentenza 6929/2017 della Cassazione depositata ieri , che ha respinto sul punto il ricorso presentato dalle Entrate per la riforma della pronuncia di secondo grado.

La vicenda

La questione attiene all’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione in sospensione d’imposta ai sensi dell’articolo 26 della legge 413/1991. La norma prevedeva l’obbligo di rivalutazione degli immobili acquisiti entro la chiusura del bilancio 1990, con il pagamento di un’imposta sostitutiva. La legge del 1991 prevedeva altresì che il saldo attivo risultante dalla rivalutazione eseguita dovesse essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva, che poteva essere ridotta con le stesse tutele previste per la riduzione del capitale sociale.

Inoltre, in caso di attribuzione ai soci del saldo attivo mediante riduzione della riserva, era previsto che le somme attribuite ai soci, aumentate dell’imposta sostitutiva, concorrevano a formare il reddito della società.

Nella fattispecie oggetto della sentenza, la società aveva utilizzato il saldo attivo per rimborsare il valore della partecipazione ad alcuni soci recedenti, e l’Agenzia aveva contestato il mancato assoggettamento a tassazione di tale utilizzo, senza tuttavia considerare che la società aveva provveduto ad affrancare il saldo medesimo ai sensi della legge 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).

Il contesto normativo

La norma (successivamente replicata in diverse occasioni, da ultimo con la legge di stabilità per il 2016) ha previsto la possibilità di affrancare, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva, le riserve e i fondi in regime di sospensione d’imposta, nonché i saldi attivi di rivalutazione, costituiti ai sensi di precedenti leggi di rivalutazione. I saldi attivi costituiti ai sensi della legge 413/1991 rientravano per espressa previsione normativa nell’ambito di applicazione dell’affrancamento.

Ebbene, la norma del 2005 (così come quelle intervenute successivamente) stabiliva che le riserve e i saldi attivi assoggettati ad imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile della società in caso di distribuzione ai soci. Pertanto, come riconosciuto dalla stessa agenzia delle Entrate, l’affrancamento dei saldi attivi esaurisce definitivamente il prelievo tributario in capo alla società connesso alla loro distribuzione, che, pertanto, potrà avvenire senza ulteriore tassazione in capo alla stessa né ai fini Ires/Irpef, né ai fini Irap (circolare 33/E/2005).

In tal senso, pur non conoscendo nel dettaglio le motivazioni dell’Agenzia (forse legate al fatto che la riserva fosse utilizzata in sede di recesso), appare sorprendente che il contenzioso sia arrivato in Cassazione.

Cassazione, sentenza 6929/2017

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