Il saldo attivo affrancato con la sostitutiva evita la nuova imposizione
Il
La vicenda
La questione attiene all’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione in sospensione d’imposta ai sensi dell’articolo 26 della legge 413/1991. La norma prevedeva l’obbligo di rivalutazione degli immobili acquisiti entro la chiusura del bilancio 1990, con il pagamento di un’imposta sostitutiva. La legge del 1991 prevedeva altresì che il saldo attivo risultante dalla rivalutazione eseguita dovesse essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva, che poteva essere ridotta con le stesse tutele previste per la riduzione del capitale sociale.
Inoltre, in caso di attribuzione ai soci del saldo attivo mediante riduzione della riserva, era previsto che le somme attribuite ai soci, aumentate dell’imposta sostitutiva, concorrevano a formare il reddito della società.
Nella fattispecie oggetto della sentenza, la società aveva utilizzato il saldo attivo per rimborsare il valore della partecipazione ad alcuni soci recedenti, e l’Agenzia aveva contestato il mancato assoggettamento a tassazione di tale utilizzo, senza tuttavia considerare che la società aveva provveduto ad affrancare il saldo medesimo ai sensi della legge 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).
Il contesto normativo
La norma (successivamente replicata in diverse occasioni, da ultimo con la legge di stabilità per il 2016) ha previsto la possibilità di affrancare, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva, le riserve e i fondi in regime di sospensione d’imposta, nonché i saldi attivi di rivalutazione, costituiti ai sensi di precedenti leggi di rivalutazione. I saldi attivi costituiti ai sensi della legge 413/1991 rientravano per espressa previsione normativa nell’ambito di applicazione dell’affrancamento.
Ebbene, la norma del 2005 (così come quelle intervenute successivamente) stabiliva che le riserve e i saldi attivi assoggettati ad imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito imponibile della società in caso di distribuzione ai soci. Pertanto, come riconosciuto dalla stessa agenzia delle Entrate,
In tal senso, pur non conoscendo nel dettaglio le motivazioni dell’Agenzia (forse legate al fatto che la riserva fosse utilizzata in sede di recesso), appare sorprendente che il contenzioso sia arrivato in Cassazione.
Cassazione, sentenza 6929/2017