Il terreno in «zona bianca» non genera plusvalenza
Le “zone bianche” non hanno natura edificabile, pertanto la cessione di un terreno ubicato in queste zone non genera plusvalenza tassabile. Lo afferma la sentenza della Ctr Sicilia 595/9/2017 (presidente Pellegrino, relatore Vincenti).
Le “zone bianche” sono porzioni di territorio sprovviste di disciplina edilizia e urbanistica comunale; ciò può derivare dalla decadenza di vincoli espropriativi o di inedificabilità, oppure da una dimenticanza nel piano regolatore generale.
Il caso esaminato dai giudici di Palermo riguardava la cessione di un terreno che era stato inserito in una zona destinata a «servizi tecnologici», al fine di procedere all’esproprio e alla realizzazione di una discarica per rifiuti solidi urbani. Tuttavia, al momento della cessione del terreno, tale vincolo era decaduto.
L’articolo 9 del Dpr 327/2001 dispone, infatti, che il vincolo preordinato all’esproprio ha la durata di cinque anni e che, decorso tale arco di tempo senza l’approvazione di un piano attuativo, il vincolo decade e trova applicazione la disciplina dettata dall’articolo 9 del Testo unico in materia edilizia (Dpr 380/2001), cioè quella delle zone bianche. Quest’ultima prevede che nelle aree in cui il vincolo è decaduto, l’edificabilità è consentita con gli stessi indici delle zone agricole.
Da qui la contestazione: l’agenzia delle Entrate aveva ritenuto che il terreno ceduto aveva una potenzialità edificatoria e, pertanto, la plusvalenza da cessione doveva essere tassata ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir. Al contrario, il contribuente riteneva che il terreno dovesse essere considerato agricolo e, quindi, non soggetto a plusvalenza da cessione se decorsi cinque anni dall’acquisto.
Mentre i giudici di primo grado avevano accolto la tesi dell’amministrazione finanziaria, ritenendo legittimo l’avviso di accertamento notificato, i giudici della Ctr hanno ritenuto valide le motivazioni esposte dal ricorrente e ne hanno accolto l’appello.
Secondo la Commissione regionale, infatti, la mancata realizzazione di un piano attuativo fa venir meno la programmazione d’uso del territorio e ciò comporta che l’area debba intendersi sottoposta alla disciplina delle “zone bianche” e non, invece, a quella dell'originaria destinazione dell’area.
Inoltre, secondo i giudici regionali era ininfluente il fatto che, in data successiva alla stipula dell’atto, il Comune avesse provveduto a cambiare la destinazione d’uso del terreno da «zona per servizi tecnologici aziendali» in «zona agricolo – produttiva E1».
Anche se tale cambio di destinazione fosse stato effettuato prima della stipula dell’atto, non avrebbe comunque inciso sulla questione. Infatti, un’area ricompresa in una zona agricola non può avere la natura edificabile. La costruzione di un fabbricato urbano in una zona agricola costituirebbe, infatti, un illegittimo cambio di destinazione d’uso dell’area.
Gli interventi che possono essere realizzati nelle aree agricole sono relativi alle costruzioni rurali, ma ciò non modifica la natura del terreno che resta agricolo (articolo 9, legge 10/1977).
In conclusione, i giudici affermano che la cessione di un terreno che assume natura di “zona bianca” non può considerarsi edificabile ai sensi dell’articolo 67 del Tuir che assoggetta a tassazione i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.