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Immobili e patrimoni all’estero, anche il Terzo settore fa i conti con Ivie e Ivafe

di Ilaria Ioannone e Gabriele Sepio

Le esenzioni previste per il Terzo settore non si estendono alle attività detenute all’estero. Dal periodo d’imposta 2020, infatti, viene ampliata la platea dei soggetti passivi di Ivie e Ivafe includendovi anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore, che detengono all’estero immobili o attività finanziarie. Basti pensare, ad esempio, ad una Organizzazione non governativa (Ong) o a una Onlus che operano in Paesi in via di sviluppo e che si troveranno, di fatto, ad essere assoggettate a tale imposizione fiscale. Occorre considerare che per le medesime attività detenute in Italia dagli enti del terzo settore sono previste specifiche forme di esenzione. Basti pensare all’esenzione Imu per gli immobili destinati allo svolgimento delle attività non commerciali oppure all’esenzione da imposta di bollo sui conti correnti, di cui all’articolo 82 del Codice del terzo settore.

Ma quali sono le caratteristiche di queste “nuove imposte” con cui gli enti non commerciali dovranno fare i conti? Vediamole nel dettaglio.

L’Ivie

Per quanto riguarda l’Ivie, si tratta di un’imposta che incide sugli immobili posseduti a vario titolo all’estero o detenuti in forza di un contratto di leasing. Soggetti passivi (a prescindere dal fatto che si tratti di persone fisiche o soggetti diversi da queste) sono:

• il proprietario di un fabbricato o di un terreno, qualunque sia la destinazione;

• il titolare di un diritto reale di godimento (i.e. usufrutto, uso, abitazione);

• il concessionario in caso di costruzione che insiste su aree demaniali;

• il locatario per gli immobili da costruire o in corso di costruzione in forza di un contratto di locazione finanziaria.

Un’imposta il cui calcolo dovrà tener conto del valore catastale dell’immobile se quest’ultimo è situato in un Paese dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo (See). In caso diverso, bisognerà prendere in considerazione il costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. Per quanto riguarda, gli enti non commerciali questi scontano un’aliquota pari allo 0,76% del valore dell’immobile, calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali se ne è usufruito.

L’Ivafe

Discorso diverso per l’Ivafe (articolo 19 del Dl 201/2011) che incide su conti correnti e libretti di risparmio detenuti all’estero indipendentemente dalla natura delle fonti di alimentazione (i.e. erogazioni liberali, fondi derivanti da cooperazione internazionale) nonché su prodotti finanziari (i.e. azioni o titoli, contratti a termine), a prescindere dal luogo di emissione, purché custoditi/depositati presso un intermediario non residente in Italia. In caso di titoli, l’Ivafe sconta un’aliquota pari al 2xmille del valore dei prodotti finanziari. In caso di conti correnti o libretti di risparmio, invece, l’imposta è dovuta dagli enti non commerciali e dagli altri soggetti diversi dalle persone fisiche nella misura fissa di 100 euro (per le persone fisiche: 34,20 euro). Sempre per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la misura massima dell’imposta è fissata in 14mila euro.

In questo contesto, quindi, non può non evidenziarsi come molte saranno le realtà non profit profondamente incise da Ivie e Ivafe, nonostante si tratti di immobili o comunque attività finanziarie detenute per il perseguimento di finalità di interesse generale e che in Italia non sconterebbero alcuna tassazione.

Un problema questo che potrebbe porsi in particolare per quegli enti che operano regolarmente all’estero, attraverso il finanziamento delle proprie attività istituzionali con contributi da parte di organismi internazionali o mediante erogazioni liberali. È il caso, ad esempio, delle Ong che per poter operare sono tenute ad aprire conti correnti nel luogo in cui svolgono la propria attività o alle tante realtà che si occupano di gestire strutture in zone di guerra. In quest’ultimo caso a ben vedere l’Ivie andrebbe di fatto a colpire immobili che non solo sono destinati a pubblica utilità ma per di più non sono in alcun modo frutto di investimenti speculativi da parte dell’ente.

Proprio per evitare un eccessivo impatto su bilanci di tali enti, che sarebbe auspicabile un coordinamento normativo volto ad allineare il sistema delle esenzioni nazionali con quelle previste in caso di detezione delle attività all’estero.