Controlli e liti

Immobili, il prezzo più alto del preliminare non basta alla rettifica

di Laura Ambrosi

È illegittimo l’accertamento fondato sui prezzi più alti indicati nei preliminari e, a tal fine, è irrilevante anche il valore del mutuo erogato agli acquirenti. Gli accordi definiti in sede preliminare, infatti, possono cambiare, con conseguente variazione del prezzo e, inoltre, gli istituti di credito tempo fa erogavano finanziamenti con molta più facilità. A fornire questo chiarimento è la Cassazione con l’ ordinanza 26286/2017 depositata ieri.

L’Agenzia ha rettificato i ricavi di una società notificando un accertamento analitico-induttivo fondato sulla differenza di prezzo riscontrata nei preliminari di vendita rispetto al rogito. A conferma della propria tesi, poi, ha evidenziato che gli acquirenti avevano ricevuto finanziamenti di valori superiori rispetto al corrispettivo indicato nell’atto di compravendita, così confermando il presumibile incasso di somme non dichiarate.

Il provvedimento è stato impugnato dalla società dinanzi al giudice tributario, il quale in primo grado ha confermato la legittimità della pretesa, mentre in appello, ha annullato integralmente l’accertamento. E l’Agenzia ha presentato ricorso in Cassazione.

I giudici di legittimità, respingendo il ricorso dell’ufficio, hanno rilevato la correttezza della pronuncia di appello, secondo cui normalmente il preliminare è sottoscritto su progetto, quando ancora la costruzione non è ultimata. È così altamente probabile che vengano inserite delle opzioni che poi potrebbero anche non essere eseguite. La Ctr, quindi, correttamente su questo presupposto, ha escluso ogni valenza presuntiva di maggior reddito derivante dalle differenze di prezzo tra preliminare e rogito.

La Cassazione ha poi ritenuto che l’osservazione secondo la quale le banche erogavano finanziamenti immobiliari più facilmente in passato, non fosse una mera opinione soggettiva del collegio di merito. La Suprema corte ha infatti precisato che rappresentava, invece, un dato largamente condiviso nell’esperienza comune, caratteristico degli anni precedenti alla crisi economica del sistema bancario iniziato negli Usa tra il 2007 e 2008. Successivamente, gli istituti di credito hanno ridotto le operazioni di finanziamento, rendendo generalmente più complesso l’accesso al credito, tanto che anche tuttora si risentono le conseguenze di tali scelte.

La decisione assume rilievo poiché conferma che due frequenti consuetudini in ambito immobiliare (la redazione di preliminari poi difformi dal rogito e mutui erogati per somme superiori, poiché utilizzati anche a copertura di spese quali arredamento, notaio, eccetera) non possono di per sé far scattare una presunzione di maggiori ricavi.

Cassazione, ordinanza 26286/2017

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