Controlli e liti

Imposta di registro, atti riqualificabili solo per effetti giuridici

La Ctp Reggio Emilia: per eventuali valutazioni economiche c'è la diversa via dell'abuso del diritto

di Laura Ambrosi

La riqualificazione dell’atto ai fini dell’imposta di registro è legittima solo se relativa agli effetti giuridici, atteso che valutazioni di tipo economico su asseriti indebiti vantaggi fiscali, devono seguire la diversa procedura prevista per le contestazioni sull’abuso del diritto.

A precisarlo è la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia con la sentenza nr. 182/02/20 depositata lo scorso 9 settembre 2020 (Pres. e rel. M.Montanari).

Un contribuente cedeva la partecipazione totalitaria in una srl ad una società assoggettando il relativo atto ad imposta di registro fissa di 200 euro. L’agenzia delle Entrate notificava così un atto impositivo con il quale, riqualificando la cessione di quote in cessione di azienda, pretendeva l’imposta in misura proporzionale. La rettifica si fondava sull’applicazione dell’articolo 20 Dpr 131/86, atteso che secondo l’Ufficio una serie di clausole contenute nell’atto dimostravano che la volontà delle parti era il trasferimento dell’azienda e non solo delle quote.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario eccependo che l’Agenzia nel ricostruire la natura dell’atto non può trascurare i reali effetti giuridici. L’Ufficio, nella costituzione in giudizio, confermava la legittimità del proprio operato. Il collegio emiliano ha innanzitutto ricordato che l’articolo 20 citato, nell’attuale versione, prevede che l’imposta si applichi secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati. Nella specie, l’Agenzia aveva fondato la propria riqualificazione solo rispetto al contenuto dell’atto di cessione di quote, senza cioè considerare altri elementi estranei. Ne conseguiva così che la commissione doveva verificare se le motivazioni poste a base della citata riqualificazione fossero fondate.

In particolare, le clausole ritenute dall’Ufficio sintomatiche di una cessione di azienda, in realtà secondo il collegio erano «usuali, omogenee e compatibili» ad un contratto di cessione totalitaria di quote di una srl posseduta da unico socio.

La Ctp ha così evidenziato che la riqualificazione dell’Ufficio era più degli effetti economici che non giuridici dell’atto, atteso il maggior carico impositivo conseguente. Tuttavia, la norma anche alla luce dei principi affermati dalla Consulta (sent. nr. 158/2020), è circoscritta agli effetti giuridici poiché per evitare indebiti vantaggi fiscali esiste già nell’ordinamento la disciplina dell’abuso del diritto, di cui all’articolo 10 bis dello Statuto.

Diversamente, infatti, se l’applicazione dell’articolo 20 consentisse anche valutazioni di tipo economico, significherebbe autorizzare l’amministrazione finanziaria a derogare non solo gli obblighi di contraddittorio endoprocedimentale, ma anche di omettere la prova del disegno elusivo in relazione agli indebiti vantaggi fiscali e delle operazioni prive di sostanza economica.

In altri termini, la Ctp di Reggio Emilia, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale intervenuta in materia, ha ritenuto che una diversa interpretazione dell’articolo 20 consentirebbe agli uffici, quanto meno per l’imposta di registro, di derogare tutte le previsioni procedurali e gli obblighi motivazionali previsti espressamente nello statuto per la contestazione di operazioni elusive. Da qui l’accoglimento del ricorso.

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