Imposte all’estero, per la detrazione in Italia non basta l’acconto
Le imposte sul reddito pagate all’estero possono essere detratte, in tutto o in parte, dall’imposta dovuta in Italia anche nei casi in cui il contribuente residente produca il reddito in uno Stato con cui non è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni.
Tale possibilità porta con sé l’onere della raccolta della documentazione necessaria al fine di provare l’effettività e la definitività del tributo assolto nello Stato estero in cui il reddito si è generato.
L’ articolo 165 del Tuir disciplina il meccanismo del credito per imposte pagate all’estero (foreign tax credit) come rimedio per evitare una doppia tassazione di quei redditi prodotti all’estero che sono soggetti a imposta sia in Italia, concorrendo alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente, sia nello Stato in cui sono prodotti.
Imposte assolte a titolo definitivo
Per beneficiare del credito per le imposte estere, è necessario che le stesse siano state versate a titolo definitivo, posto che la definitività è una caratteristica che coincide con la sua irripetibilità, ossia l’assenza di possibilità di apportarvi modifiche a favore del contribuente.
Non possono, pertanto, considerarsi definitive, ad esempio le imposte pagate in acconto.
La documentazione necessaria
L’agenzia delle Entrate ha elencato, in ultimo con le circolari 9/E/2015 e 3/E/2016 , la seguente documentazione probatoria di cui il contribuente deve essere in possesso:
■un prospetto recante l’indicazione separata (Stato per Stato) dell’ammontare dei redditi prodotti all’estero, il rispettivo ammontare delle imposte pagate in via definitiva e la misura del credito spettante;
■la copia della dichiarazione dei redditi eventualmente presentata nel Paese estero;
■la ricevuta di versamento delle imposte pagate all’estero;
■l’eventuale richiesta di rimborso (se non inserita nella dichiarazione dei redditi);
■l’eventuale certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi di fonte estera.
Se il Paese estero non prevede l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi il contribuente può attestare tale circostanza con una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa ai sensi dell’articolo 47 del Dpr 445/2001.
Determinazione del credito spettante
Le imposte assolte all’estero a titolo definitivo sono scomputabili dall’imposta netta italiana, fino a concorrenza della quota di imposta determinata in base all’incidenza del reddito estero su quello complessivo e, comunque, nei limiti dell’imposta dovuta in Italia.
Si ipotizzi il caso in cui un contribuente italiano, non imprenditore, abbia realizzato nel corso del 2016 un reddito complessivo netto di 10mila euro, di cui 1.000 conseguiti all’estero dove è stata pagata un’imposta, a titolo definitivo, il 15 maggio 2017, di 200 euro.
L’imposta estera è detraibile dall’Irpef dovuta, per 2.300 euro (23% di 10mila), in Italia (che per semplicità consideriamo pari a quella lorda), per la quota dell’imposta italiana ottenuta applicando la percentuale derivante dal rapporto tra il reddito prodotto all’estero (mille) e il reddito complessivo (10mila), cioè nel nostro caso che nel nostro caso è pari al 10%. Il soggetto residente potrà detrarre l’imposta estera fino ad euro 230, cioè fino al 10% dell’imposta italiana. Nel nostro caso, pertanto, è possibile scomputare integralmente l’imposta estera di 200 euro.
Bisogna prestare particolare attenzione ai quei redditi esteri che concorrono solo parzialmente alla formazione del reddito complessivo (ad esempio dividendi e capital gain), infatti, in tali casi anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.