Imu, si comincia a tassare il terreno edificabile dalla data del Pgt
L’imponibile è il valore di mercato al 1° gennaio oppure alla data di adozione dello strumento urbanistico
La legge di Bilancio 2020 ha introdotto un’importante novità circa la nozione di area edificabile. Nella vecchia Imu, il valore imponibile delle aree era rappresentato dal valore di mercato al primo gennaio di ciascun anno. Partendo da questo dato normativo, la Cassazione ha dedotto che, in caso di strumento urbanistico generale adottato ad esempio a febbraio, poiché al primo gennaio dell’anno di riferimento il bene non era ancora edificabile, gli effetti dell’attribuzione della qualifica di edificabilità decorrono dall’anno successivo (sentenza 8544/2019).
In base all’articolo 1, comma 746, legge 160/2019 (legge di Bilancio 2020), l’imponibile delle aree edificabili è il valore di mercato al primo gennaio ovvero alla data di adozione dello strumento urbanistico. Il riferimento temporale, dunque, non è più solo alla data del 1° gennaio. Ne consegue che è venuto meno l’unico argomento sul quale la Suprema corte ha fondato le sue conclusioni. Pertanto, è oggi indubbio che, se il Comune adotta lo strumento urbanistico generale, per esempio alla fine di marzo di quest’anno, il contribuente dovrà tassare il suolo per tre mesi come terreno agricolo e per nove mesi come area edificabile.
Per le medesime ragioni, si ritiene che se nel corso dell’anno viene rilasciata una concessione edilizia con riguardo ad un suolo già edificabile, la variazione di valore ad essa conseguente abbia efficacia immediata e non differita all’anno successivo.
Per il resto, la nozione di legge è rimasta inalterata. È edificabile il bene immobile così qualificato dallo strumento urbanistico generale (per esempio Piano regolatore generale) adottato dal Comune. Questo significa che, ai fini della qualità del bene, non rilevano le concrete possibilità di sfruttamento edificatorio del suolo, che incidono invece sul valore dello stesso. Si ricorda infine che i Comuni hanno la facoltà (non l’obbligo) di approvare dei valori di riferimento per orientare il pagamento dei contribuenti. Si tratta peraltro di valori da cui i contribuenti possono discostarsi, qualora siano in grado di dimostrarne l’infondatezza.