Controlli e liti

Incrocio dei dati a supporto dei pignoramenti sui conti

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Più poteri sarà sinonimo di maggiore invasività nei contribuenti o di una maggiore capacità di selezione per “non sparare nel mucchio”? Le chiavi di lettura delle ultime ore sembrano molto distanti. Le opposizioni, in particolare il Movimento 5 Stelle, torna a ribadire che l’addio a Equitalia è soltanto un cambio di nome e che in realtà la nuova Agenzia delle Entrate-Riscossione avrebbe più poteri: «Risulta rafforzata l’invasività - ha scritto ieri il blog di Beppe Grillo - del nuovo organismo che avrà accesso diretto alle banche dati dell’agenzia delle Entrate, precluse in precedenza a Equitalia». Dall’altra, c’è la ratio di una norma introdotta dal Governo con il decreto fiscale collegato alla manovra finalizzata a centrare meglio gli interventi dell’agente della riscossione e con l’obiettivo dichiarato di limitare gli effetti invasivi su cittadini e imprese che, va ricordato, sono sempre in debito con Fisco o Inps (tanto per citare i due principali enti creditori).

La riscossione non sparisce, è un dato di fatto. Anche perché qualcuno il recupero dell’evasione deve pur farlo. In quest’ottica, la trasformazione di Equitalia in un ente pubblico economico a partire dal 1° luglio consentirà al nuovo soggetto di accedere a possibilità “concesse”, fino ad ora, solo all’agenzia delle Entrate. E su questo i 5 stelle non sbagliano. Occorre semmai vedere e misurare sul campo come verrà utilizzato questo strumento che, sotto un primo profilo, fa leva sulle informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego presenti nelle banche dati dell’Inps per l’attivazione mirata delle norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità. Sotto un altro profilo, con la possibilità di impiegare proprio nell’ottica riscossione anche tutte le altre banche dati. In pratica, anche l’ente della riscossione potrà consultare dati rilevanti presenti nell’ Anagrafe dei rapporti finanziari , come ad esempio quelle sulla consistenza effettiva, la giacenza media del rapporto finanziario ma anche i codici identificativi della tipologia di operazioni che hanno movimentato il c onto corrente .

Questo non vuol dire pignoramenti presso terzi più semplici perché sotto quel profilo - come ha ricordato anche lunedì la stessa Equitalia (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) - le norme sono del 2005 e non sono cambiate a riguardo e comunque rappresentano una sorta di extrema ratio dopo che il contribuente «non ha dato seguito agli atti che gli sono stati notificati (cartella di pagamento, solleciti di pagamento, avvisi di intimazione), né provvedendo al loro pagamento, neanche in forma rateale, né contestandone il contenuto». Né ci sono cambiamenti di procedura. Equitalia, o nel prossimo futuro Agenzia delle Entrate-Riscossione, possono procedere senza passare prima da un giudice. Sono il terzo pignorato o il contribuente a potersi rivolgere all’autorità giudiziaria qualora abbiano elementi validi per contestare l’azione esecutiva.

Le nuove norme, invece, puntano a ridurre l’infruttuosità delle procedure avviate. «Ciò può consentire a Equitalia di non agire più a “fari spenti”», aveva detto appena pochi giorni fa Ernesto Maria Ruffini in audizione davanti alla commissione Finanze della Camera. Quindi la norma potrebbe aiutare a non procedere a pignoramenti che non portano alcun risultato all’agente della riscossione (e quindi all’Erario in ultima istanza). Come più volte indicato dalla stessa Equitalia sui pignoramenti in banca l’indice di successo per l’agente non è mai andato oltre il 20 per cento. Non solo. All’insuccesso delle azioni esecutive si aggiungeva la beffa per lo stesso contribuente: in più di una circostanza il “blocco” di tutti i conti intestati al debitore ha prodotto soltanto l’effetto di paralizzarne l’attività. Ed è su quest’ultimo aspetto che le opposizioni dovranno tenere alta la guardia.

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