Indebita compensazione, soglia di punibilità al vaglio della Consulta
Al vaglio della Consulta la soglia di punibilità prevista per il reato di indebita compensazione. Questa la questione su cui la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi a seguito dell’ ordinanza 17 dell’11 novembre 2016 del Tribunale di Busto Arsizio .
La recente riforma dei reati tributari torna di nuovo al centro dell’attenzione del giudice penale il quale, però, questa volta, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 10-quater Dlgs 74/2000.
Secondo il giudice remittente, tale previsione normativa risulterebbe in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione nella parte in cui prevede una soglia di rilevanza penale della condotta irragionevolmente più bassa rispetto ad altre fattispecie criminose disciplinate dalla stessa legge penale tributaria.
La vicenda scaturisce dalla citazione in giudizio di un contribuente il quale veniva chiamato a rispondere del reato all’ articolo 10-quater del Dlgs 74/2000, per il mancato versamento di imposte utilizzando in compensazione crediti rivelatisi inesistenti in quanto riferiti ad annualità di imposta per le quali lo stesso aveva omesso di presentare le relative dichiarazione dei redditi.
Per comprendere le ragioni è doveroso premettere che, con la riforma operata dal Dlgs 158/2015, la soglia di punibilità, stabilita in un importo annuo superiore a cinquantamila euro, oltre la quale scatta il reato di indebita compensazione, è rimasta invariata; la riforma è intervenuta prevedendo la scissione della condotta tra indebite ed inesistenti compensazioni, quest’ultime maggiormente sanzionate.
Parallelamente, invece, mentre sono punibili le indebite compensazioni pari o superiori a 50mila euro, la soglia di punibilità prevista per altre fattispecie, come per esempio, la dichiarazione infedele, è stata elevata a 150mila euro.
Il giudice remittente è convinto, quindi, che se venisse accolta l’illegittimità costituzionale della norma censurata verrebbe meno il reato tributario, equiparandosi la soglia di punibilità per indebita compensazione a quella prevista per l’infedele dichiarazione, che prevede che il comportamento assume rilevanza penale se l’imposta evasa supera i 150mila euro.
Dal rinnovato quadro normativo è evidente, secondo i giudici, che l’indebita compensazione viene sanzionata, in relazione alla soglia di punibilità, in modo ingiustificatamente più rigido rispetto al delitto di infedele dichiarazione.
Tale differenza di trattamento, tra l’altro, non può essere compatibile con il margine di discrezionalità di cui gode il legislatore laddove la similitudine delle due fattispecie non consente di superare i parametri costituzionali nella misura in cui l’ infedele dichiarazione è soggetta ad un trattamento di maggior favore rispetto a quello previsto per l’indebita compensazione la cui soglia di punibilità è, allo stato attuale, di 1/3 di quella prevista dalla dichiarazione infedele.
Pertanto, secondo il Tribunale remittente, il fatto che due fattispecie sostanzialmente simili sotto l’aspetto della gravità della condotta vengono trattate dal legislatore in maniera differente è di principio incostituzionale per violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale comporterebbe, per i reati commessi anteriormente alla riforma del 2015, l’irrilevanza penale della condotta contesta.
Tribunale di Busto Arsizio, ordinanza 11 novembre 2016