Contabilità

Indici allerta, doppio binario per il calcolo del Dscr

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di Antonio Quagli e Paolo Rinaldi

Tra gli indici della crisi di cui al comma 2 dell’articolo 13 del Dlgs 14/19, il Dscr (Debt service coverage ratio) è l’unico che rappresenta anche un indicatore di crisi, esprimendo la (in)capacità dell’impresa di fronteggiare le uscite di cassa previste nei sei mesi successivi. È il primato di un approccio previsionale interno nell’accertamento dei fondati indizi della crisi, così che gli altri indici di bilancio sono considerati dal Cndcec residuali rispetto al budget di tesoreria e l’indice Dscr che da esso deriva, da usare ai fini dell’allerta solo quando quest’ultimo non è disponibile o è inattendibile. Il Dscr è un rapporto dove al numeratore vi sono le disponibilità future di cassa e al denominatore i rimborsi previsti per quota capitali e interessi dei debiti finanziari.

Due approcci alternativi

Le modalità di calcolo del Dscr previste nella bozza del Cndcec sono due. Il primo approccio si dimostra maggiormente adatto alle piccole e medie imprese, che non sono obbligate alla redazione del rendiconto finanziario in sede di bilancio e quindi possono essere meno avvezze al calcolo di alcune grandezze richieste dal Dscr nel secondo approccio, quale il free cash flow. Il secondo metodo prevede inoltre distinzioni tra debiti scaduti e/o rateizzati, tipicamente presenti nelle imprese che già si trovano in difficoltà finanziaria. Questi gli elementi del rapporto di cui al primo approccio:

numeratore: cassa iniziale + ogni entrata cassa dei prossimi 6 mesi – ogni uscita cassa dei prossimi 6 mesi diversa da oneri debito finanziario (quota capitale + interessi);

denominatore: oneri debito finanziario (quota capitale + interessi).

E questi per il secondo approccio:

numeratore: cassa iniziale + free cash flow prospettico come da Oic 10, al lordo di pagamenti di debiti operativi (fisco, fornitori) arretrati e/o rateizzati + utilizzo di linee credito disponibili;

denominatore: oneri debito finanziario (quota capitale + interessi) + pagamenti di debiti operativi (fisco, fornitori) arretrati e/o rateizzati.

Le differenze

Le principali differenze tra i due metodi sono le seguenti:

il primo metodo include al numeratore tutti i flussi di cassa, dunque anche i finanziamenti soci purché derivanti da espresso impegno scritto eseguibile;

il secondo metodo, richiedendo il free cash flow, presuppone la redazione di un rendiconto finanziario prospettico secondo lo schema Oic 9;

il secondo metodo considera i pagamenti per debiti arretrati o rateizzati alla stregua di debiti finanziari; il primo non ne esplicita l’esistenza, includendoli con il segno negativo negli altri pagamenti del numeratore;

il primo metodo consente che i flussi netti di cassa dalla gestione operativa possono esser desunti dal budget economico (risultato del periodo + costi non monetari – ricavi non monetari), così come previsto dall’Oic 9 circa il metodo semplificato per la stima dei flussi di cassa futuri nelle situazioni di impairment test.

Le tecniche di costruzione del Dscr devono essere selezionate dagli amministratori con il consenso dell’organo di controllo, il quale nel fornire un giudizio di (in)attendibilità del calcolo del Dscr, esprime una opinione circostanziata che deve basarsi anche sul dato derivante dalla modalità di calcolo e dalla relativa base dati.

I due approcci alternativi forniscono inevitabilmente un dato numerico diverso, ma il corretto calcolo del Dscr conduce tuttavia sempre al medesimo risultato: Dscr inferiore a 1 in caso di crisi per uscite superiori alle entrate; superiore a 1 in caso contrario. La scelta tra un criterio e l’altro è dunque da operarsi esclusivamente in funzione di presenza o meno di scaduto, complessità dei sistemi di gestione e controllo disponibili e dimensione aziendale.

Il confronto

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