Adempimenti

Ipocatastali ridotte alla metà per i fondi immobiliari esteri

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di Cesare Silvani

Anche i fondi immobiliari esteri vigilati hanno diritto alla riduzione del 50% delle imposte ipotecaria e catastale sugli acquisti di immobili strumentali per natura prevista dall’articolo 35, comma 10-ter del Dl 4 luglio 2006, n. 223 (il decreto Bersani). Così si è di recente espressa la Ctp Milano (sentenza 5952/2018).

La disposizione, che riduce le imposte ipotecaria e catastale rispettivamente da 3% a 1,5% e da 1% a 0,5%, si applica alle volture catastali e alle trascrizioni riguardanti cessioni di beni immobili strumentali di cui siano parte – come venditori o acquirenti – fondi immobiliari chiusi disciplinati dall’articolo 37 del Tuf. Secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa, questa norma trova la sua ragione nel fatto che, dovendo i fondi dismettere il proprio patrimonio decorso un certo periodo di tempo dall’acquisto in base ai regolamenti di Banca d’Italia, le imposte ipocatastali creano un significativo aggravio fiscale per questi veicoli di investimento e, dunque, per i loro investitori (Assonime, circolare 36/2006).

Nel caso esaminato dalla Ctp di Milano, un fondo francese aveva acquisito un fabbricato strumentale per natura e le parti contraenti avevano previsto in atto – e versato – le imposte ipocatastali in misura ridotta, ai sensi del Dl 223/2006.

L’agenzia delle Entrate emetteva avviso di liquidazione, con applicazione delle ordinarie aliquote del 3% e dell’1%, ritenendo che solo i fondi immobiliari italiani potessero beneficiare della norma del decreto Bersani e che quest’ultima, in quanto speciale, non potesse essere oggetto di applicazione analogica o di interpretazione estensiva.

Accogliendo il ricorso del contribuente, la Ctp osserva che il testo normativo non contiene alcuna limitazione ai fondi immobiliari italiani, dovendo applicarsi anche agli enti esteri comparabili e vigilati. È ben vero che il decreto Bersani rinvia ad una disposizione (articolo 37) del capo II, titolo III del Tuf oggi rubricato «Oicr italiani»; tuttavia, questo richiamo normativo deve intendersi riferito esclusivamente ai requisiti di qualificazione soggettiva idonei a distinguere i fondi da altre entità e non anche a circoscrivere il beneficio fiscale ai soli fondi italiani. È, peraltro, interessante osservare che la stessa Ctp Milano in passato aveva negato l’agevolazione a un fondo immobiliare aperto tedesco (sentenza n. 283/2009) solo in virtù della circostanza che l’articolo 35, comma 10-ter del Dl 223/2006 menziona unicamente i fondi chiusi (non potendo i fondi immobiliari italiani aver forma aperta).

Oltre ad essere coerente con l’armonizzazione oggi esistente a livello comunitario per i gestori di fondi di investimento alternativi, in cui rientrano i fondi immobiliari (direttiva 2011/61/Ue e Dlgs 4 marzo 2014, n. 44 di attuazione), l’interpretazione della Ctp è l’unica che consenta di evitare contrasti tra la norma del decreto Bersani e gli obblighi comunitari e bilaterali dell’Italia. Infatti, limitare l’agevolazione in materia di imposte indirette ai soli Oicr immobiliari italiani rappresenterebbe una violazione della libera circolazione dei capitali sancita dall’articolo 63 Tfue; poiché tale libertà si applica anche nei confronti di Stati «non-Ue», i principi espressi dalla Ctp Milano dovrebbero valere anche per i fondi immobiliari – chiusi o aperti – vigilati di Stati «non-Ue», quanto meno nella misura in cui anch’essi siano vincolati, dalla disciplina regolamentare applicabile, a smobilizzare il proprio patrimonio immobiliare entro un lasso temporale definito.

Una lettura restrittiva della norma contrasterebbe, inoltre, con l’articolo 25, comma 1 della Convenzione Italia-Francia, che vieta all’Italia di assoggettare i nazionali francesi (e, dunque, anche i fondi istituiti ai sensi della legislazione francese, a prescindere che siano considerati fiscalmente residenti in Francia) ad un’imposizione più onerosa rispetto a quella a cui sono soggetti i nazionali italiani che si trovino nella stessa situazione, cioè gli Oicr immobiliari italiani. Come molte convenzioni italiane, l’articolo 25, comma 5 del trattato Italia-Francia estende il divieto di discriminazione alle «imposte di ogni natura o denominazione» e, quindi, non soltanto alle imposte sul reddito e sul patrimonio coperte dal trattato stesso.

Trattandosi in questo caso di imposte ipocatastali, non può neppure sostenersi che i fondi italiani e i fondi francesi non siano in posizioni comparabili, in quanto solo i primi – e non i secondi – sono considerati fiscalmente residenti in Italia; tale obiezione potrebbe al più valere ai fini delle imposte sul reddito (e dell’Irap), consentendo quindi all’Italia di continuare a riservare l’esenzione da Ires ed Irap prevista dall’articolo 6 Dl 25 settembre 2001, n. 351 ai soli fondi italiani.

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