Controlli e liti

Irap, strada stretta per la non imponibilità dei contributi

L’ordinanza 5278 della Cassazione: è necessario che la legge istitutiva preveda espressamente la correlazione a determinati componenti negativi non ammessi in deduzione

di Angelo Conte

Per la determinazione della base imponibile Irap, un contributo può considerarsi non imponibile solo qualora la legge istitutiva dello stesso preveda espressamente la sua specifica correlazione a determinati componenti negativi non ammessi in deduzione. Inoltre, in tema di disapplicazione delle sanzioni amministrative, l’assenza di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in epoca precedente la notifica dell’avviso di accertamento, costituisce presupposto per l’esistenza di una condizione di incertezza nell’interpretazione delle norme violate. Sono le conclusioni dell’ordinanza 5278/2022 della Cassazione.

Il caso affrontato

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso, per il periodo d’imposta 2003, nei confronti di una società esercente l’attività di trasporto su gomma. In particolare, veniva contestata al contribuente l’imponibilità, ai fini Irap, di taluni contributi ricevuti dalla Regione in quanto, secondo l’agenzia delle Entrate, non vi era un nesso diretto tra i contributi stessi e il costo del personale non deducibile ai sensi del tributo regionale. In altri termini, secondo l’Agenzia, la circostanza per cui la determinazione dei contributi da erogare fosse calcolata mediante una formula che prendeva come parametro il costo del personale (all’epoca completamente indeducibile) non comportava l’esclusione dalla tassazione dei contributi di cui trattasi, ai fini Irap.

A seguito del primo grado di giudizio in cui la società era riuscita a far valere le proprie ragioni, la Ctr ribaltava il verdetto a favore dell’Amministrazione finanziaria. Contro tale sentenza, la società contribuente proponeva quindi ricorso per Cassazione.

La correlazione

In effetti, l’articolo 11, comma 3, del Dlgs 446/1997, all’epoca vigente, disponeva che concorrono alla formazione della base imponibile Irap i «contributi erogati a norma di legge con esclusione di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione». Tale disposto normativo, oggi sostanzialmente replicato dal vigente articolo 5, comma 3, del Dlgs 446/1997, è volto a stabilire una generale imponibilità dei contributi, con esclusione di quelli per cui:

• sia prevista un’esclusione dalla base imponibile del tributo regionale dalla legge istitutiva del singolo contributo;

• oppure, risulti esservi una correlazione con costi indeducibili ai fini Irap.

I precedenti di prassi

In merito alla portata della correlazione, l’Amministrazione finanziaria si è in passato pronunciata in diverse circostanze. In particolare, nella risoluzione 330/E del 2002, l’agenzia delle Entrate ha affermato che deve sussistere un nesso logico, reso esplicito dalla legge istitutiva, tra la somma erogata a titolo di contributo e il corrispondente componente negativo. Per converso, sono da considerarsi imponibili quei contributi la cui quantificazione viene meramente parametrata a determinati elementi negativi non deducibili.

La decisione della Cassazione

In tale contesto, si inserisce l’ordinanza 5278/2022 della Cassazione. Nel caso in questione, non essendovi un’espressa correlazione tra il costo del personale e l’erogazione del contributo, la Suprema corte conclude per l’imponibilità dello stesso ai fini del tributo regionale.

Da ultimo, secondo la Cassazione non è neanche possibile disapplicare le sanzioni nei confronti del ricorrente, in base all’articolo 10 dello Statuto del contribuente. Non sussistono, infatti, le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma, in quanto «nella specie non risulta esservi contrasto nella giurisprudenza di legittimità, consolidatasi sin da prima della notificazione dell’atto impositivo».

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