Ires al 24%, più Irpef ai dividendi
Dal 2017 le società di capitali stanno producendo redditi che sconteranno la nuova aliquota Ires nella misura ridotta del 24% (così infatti dispone la legge 208 del 2015).
La riduzione delle imposte sui redditi societari, tuttavia, sarà compensata da un inasprimento della tassazione ai fini Irpef nel momento in cui gli utili delle società saranno distribuiti ai soci. Per la verità, non è solo la tassazione dei dividendi che è in attesa di modifiche, ma ci sono anche altri aspetti del sistema tributario che verranno aggiornati in modo automatico da un decreto ministeriale.
Il più importante di questi elementi è senza dubbio la quota delle plusvalenze qualificate da assoggettare. A ciò si deve aggiungere anche una modifica, all’articolo 27, comma 3, del Dpr 600/1973 , che prevede di applicare ai dividendi distribuiti da società italiane a società estere la ritenuta nella misura dell’1,20 per cento. Vediamo quali sono gli scenari di interesse per il futuro.
I dividendi
Le modifiche in arrivo riguardano le partecipazioni qualificate, dato che per le non qualificate la ritenuta continua a essere fissata nella misura del 26% a titolo di imposta.
Il provvedimento di modifica dovrebbe quindi aumentare la quota dei dividendi qualificati che concorre al reddito complessivo Irpef del percettore persona fisica. Ricordiamo che in passato (decreto ministeriale del 2 aprile 2008) le variazioni di aliquote a Ires hanno provocato:
l’aumento della percentuale di dividendi tassati solo per gli utili formati in periodi di imposta che hanno beneficiato dell’aliquota ridotta;
l’esigenza delle società di mantenere una stratificazione storica delle riserve, in modo che i soci possano applicare ai dividendi percepiti la percentuale corretta.
Infatti, dal punto di vista fiscale, sono oggi presenti nei patrimoni delle società riserve di utili che in caso di distribuzione concorrono per il 40% al reddito imponibile del socio e riserve di utili per le quali la percentuale sale al 49,72%.
Se ora l’Ires scende al 24%, ci si chiede quale dovrebbe essere la nuova percentuale di tassazione dei dividendi.
L’esempio nella grafica a lato riassume la logica matematica sulla base della quale è stata determinata la quota del 49,72. Adottando questa misura, infatti, la tassazione complessiva che colpisce il dividendo è data dalla somma del 27,5 in capo alla società e del 15,5 in capo al socio. Quest’ultimo dato è stato calcolato applicando al 49,72% degli utili netti (72,5) l’aliquota marginale del 43%. Come è facile osservare, nel caso estremo e più semplice la tassazione finale ammonta esattamente al 43%; si tratta dello stesso livello che i redditi avrebbero subito qualora fossero stati prodotti da un’impresa individuale (soggetta all’aliquota marginale). Ovviamente questo calcolo presuppone, per semplicità, l’assenza di variazioni in aumento o in diminuzione che potrebbero modificare l’importo finale distribuibile, e non tiene conto dell’Irap.
Se si adotta la stessa logica dal 2017, la conseguenza della riduzione dell’Ires al 24 per cento non può che essere un aumento della quota imponibile dei dividendi qualificati. Per arrivare allo stesso risultato numerico, e cioè la tassazione massima totale del 43%, questa quota dovrebbe attestarsi al valore di 58,14.
Poiché la novità dovrebbe riguardare solo gli utili prodotti dal 2017, non è necessario preoccuparsi di anticipare distribuzione di utili precedenti per evitare inasprimenti di tassazione.
Il capital gain
Mentre sui dividendi, come abbiamo visto, la nuova percentuale di imponibilità si applicherà solo agli utili formati a partire dal 2017, dobbiamo arrivare a conclusioni diverse per quanto riguarda la tassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni. Le persone fisiche che realizzeranno una plusvalenza su partecipazione qualificata, infatti, dovranno assoggettare ad imposizione la nuova percentuale del 58,14 della plusvalenza stessa. È di tutta evidenza, quindi, che vi sarà un peggioramento nella tassazione di questo tipo di proventi (si veda l’ultimo esempio nella grafica a lato).
In pratica, possiamo dire che, in caso di applicazione dell’aliquota marginale massima dell’Irpef, la tassazione massima di una plusvalenza passa dal 21,38 al 25%. Chi ha in programma di cedere una partecipazione, quindi, avrà la convenienza ad anticipare l’operazione in modo da non subire questo aggravio.
Per quanto riguarda in modo più specifico la decorrenza delle nuove disposizioni, anche in questo caso se si adotteranno le stesse regole del passato (decreto del 2 aprile 2008) si avrà che:
la percentuale di concorso al reddito del 58,14% si applicherà a tutte le plusvalenze realizzate che derivano da atti di cessione stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto attuativo;
in caso di cessioni avvenute prima dell’entrata in vigore del provvedimento, la tassazione con le percentuali precedenti (del 40 o del 49,72%) continuerà ad applicarsi anche alle rate di plusvalenza incassate in periodi successivi.
Possiamo sintetizzare questo ultimo aspetto in una semplice regola:
la data in cui avviene la cessione determina la percentuale di rilevanza fiscale delle plusvalenze;
le date in cui vengono incassate le rate di corrispettivo determinano invece il periodo di imposta in questa percentuale si renderà applicabile per una corretta quantificazione dei redditi imponibili.