Imposte

Iva al 22% solo per le cessioni di acqua minerale

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di Diego Conte e Massimiliano Gazzo

Solo le cessioni di acqua minerale scontano l’aliquota Iva al 22%. La Ctp Bologna, sezione 3 (Presidente-Relatore Marullo), con ben sette sentenze ha confermato la precedente decisione della sezione 9 della stessa Ctp (sentenza 1232/2017).

La pretesa erariale era fondata su un ragionamento riconducibile alla risoluzione 11/E/2014: poiché il Dlgs 176/2011 avrebbe «equiparato economicamente» le acque minerali alle acque sorgive e poiché a queste ultime si dovrebbero equiparare anche le comuni acque potabili (che, però, sorgive non sono), non avrebbe più alcun senso la distinzione di aliquote Iva posta con l’articolo 5, comma 3, del Dl 261/1990 che aveva previsto che soltanto le cessioni di acqua minerale fossero assoggettate all’aliquota massima, mentre lasciava all’aliquota del 10% tutte le altre acque senza distinzione sulle modalità di erogazione o la natura del soggetto erogante. Quindi, soltanto l’acqua fornita dal gestore della rete pubblica dovrebbe essere assoggettata all’aliquota ridotta e questa sarebbe, peraltro, l’unica interpretazione rispettosa della normativa europea (direttiva 2006/112) che autorizza l’applicazione dell’aliquota ridotta al solo servizio di erogazione di acqua tramite rete pubblica. Conseguentemente, secondo l’Agenzia, si sarebbero dovute assoggettare all’aliquota massima (oggi del 22%) tutte le altre cessioni di acqua, a prescindere dal tipo di acqua venduta.

La Ctp Bologna, invece, in accoglimento della linea della difesa, ha rigettato tutte le argomentazioni erariali. In primo luogo, quella fondata sulla normativa Ue: se è vero che il punto 2 dell’allegato III della direttiva 2006/112 richiama il servizio di erogazione dell’acqua, l’applicabilità dell’aliquota ridotta alla cessione dell’acqua non minerale è espressamente consentita dal punto 1 dello stesso allegato che disciplina la cessione di tutti prodotti alimentari. In secondo luogo, quella fondata sulla normativa italiana (n. 81, parte III, tabella A allegata al Dpr 633/1973 e articolo 5, comma 3, Dlgs 261/1990), che è chiara nel prevedere l’aliquota massima per la sola acqua minerale e non anche per le altre tipologie di acqua, che invece rimangono soggette all’aliquota ridotta.

Infine, è stato osservato che è del tutto irrilevante la presunta «equiparabilità economica» dell’acqua potabile all’acqua sorgiva – la cui cessione, secondo l’Erario, sconterebbe l’aliquota ordinaria alla stessa stregua delle cessioni di acqua minerale – in quanto non è possibile applicare analogicamente la normativa fiscale a beni/operazioni che la stessa non individua in modo esplicito.

Si tratta di sette sentenze particolarmente importanti. Da un punto di vista tecnico-giuridico, infatti, è apprezzabile la lucidità con cui la Ctp ha affrontato la questione, applicando rigorosamente un tributo che l’Agenzia voleva rendere ancor più gravoso per via pseudo-interpretativa. Dal punto di vista pratico, si deve rammentare che, al fine di evitare notevoli sanzioni amministrative, alla tesi proposta dalla risoluzione 11/E/2014 si era allineata prudenzialmente tutta l’industria delle acque non minerali: per questi soggetti grazie alle pronunce bolognesi è ora aperta la strada a numerose istanze di rimborso della maggiore Iva versata.

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