Iva, niente stabile organizzazione se i servizi sono resi attraverso la filiale
Esclusione se la società «figlia» mette a disposizione della madre i mezzi umani e tecnici. Non si applicherà l'Iva alle fatture emesse per le prestazioni erogate
Nella sentenza della Corte di giustizia C-333/20 la questione pregiudiziale inerisce l’esistenza o meno di una stabile organizzazione in uno Stato estero ove risieda la succursale della società «madre». Emerge dalla pronuncia che sia esclusa la stabile organizzazione ai fini Iva se tra le due società («madre» e «figlia») intercorra un determinato rapporto volto alla messa a disposizione (da parte della figlia) dei mezzi umani e tecnici con la fornitura di determinati servizi che abbiano una certa influenza diretta sul volume delle vendite della società principale. Ne deriva che la «figlia» non doveva fatturare con Iva le prestazioni erogate alla società «madre».
Più nel dettaglio, la società «figlia» non costituisce stabile organizzazione della «madre» siccome il semplice fatto che una società possieda in altro Stato una propria succursale non fa desumere la presenza di una stabile organizzazione in tale paese.
Al contrario, si avrà stabile organizzazione qualora sia dimostrato che i mezzi umani e tecnici della subsidiary siano a disposizione della società «madre» come se fossero stati i propri.
Il caso
Una società con sede legale in Germania e appartenente a un gruppo farmaceutico, commercializzava in Romania determinati prodotti ai fini dell’approvvigionamento corrente dei distributori all’ingrosso di medicinali e a tal fine stipulava un contratto di deposito con una società stabilita in tale Stato membro, disponendo inoltre di un rappresentante fiscale in Romania, ove era registrata ai fini Iva.
Le due società, tedesca e rumena, concludevano poi un contratto di marketing, di regolamentazione, di pubblicità e di servizi di rappresentanza, disciplinato dal diritto tedesco, con il quale la società rumena si impegnava alla promozione attiva dei prodotti della compagine tedesca in Romania, mediante attività di marketing, in aderenza alle strategie e agli stanziamenti stabiliti e sviluppati dalla società tedesca.
Aspetto assai centrale era quello che la società rumena riceveva gli ordini di prodotti farmaceutici provenienti dai distributori all’ingrosso in Romania e li trasmetteva alla tedesca, recapitando poi le fatture ai clienti di quest’ultima.
In seguito a un controllo del Fisco, veniva accertato che le prestazioni di servizi fornite dalla società rumena alla tedesca fossero ricevute da quest’ultima in Romania, ove la tedesca avrebbe disposto di una stabile organizzazione, composta da mezzi tecnici e umani sufficienti per effettuare regolarmente cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili. La valutazione era effettuata sulla base di mezzi tecnici (quali computer, sistemi operativi e autoveicoli) e umani appartenenti alla società rumena, ma ai quali la tedesca avrebbe avuto accesso in maniera ininterrotta.
La decisione della Corte
La Cgue anzitutto si sofferma sul tema dell’esistenza di una stabile organizzazione, rilevando che tale questione debba essere esaminata in funzione non più del soggetto passivo prestatore dei servizi, bensì del soggetto passivo beneficiario al quale i servizi vengono fatturati (Welmory, C-605/12). Da qui poi è stata ripresa la nozione di stabile organizzazione, con la quale si designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione.
La Cgue richiama il caso Planzer Luxembourg (C-73/06), ove è previsto che la nozione di stabile organizzazione richieda una consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi. Altro aspetto vagliato riguarda il fatto che l’esistenza sul territorio di uno Stato membro di una stabile organizzazione di una società stabilita in altro Stato membro non sia desumibile dalla mera circostanza che tale società ivi possiede succursale (Dong Yang Electronics, C-547/18), siccome l’esistenza di una struttura idonea in termini di mezzi umani e materiali, aventi un grado di sufficiente permanenza, dovrà essere dimostrata alla luce della realtà economica e commerciale. Sarà quindi necessario che un soggetto passivo abbia il potere di disporre dei mezzi umani e tecnici come se fossero i propri (conclusione che trova conforto nell’articolo 44 della direttiva Iva 2006/112/Ce e nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 282/2011).
Concetto che non dovrà essere applicato in termini stringenti, ossia non sarà necessario subordinare l’esistenza di una stabile alla condizione che il personale sia vincolato da un contratto di lavoro al soggetto passivo stesso e che i mezzi materiali gli appartengano. Qui la Corte si è limitata a rilevare che sarà compito del giudice del rinvio valutare la circostanza se la società tedesca disponga in Romania di una struttura in termini di mezzi umani e tecnici, avente un grado sufficiente di permanenza.
Infine è emerso che i vari servizi forniti dalla società rumena risultavano ricevuti dalla società tedesca la quale però utilizzava i propri mezzi umani e tecnici in Germania per concludere ed eseguire i contratti di vendita con i vari distributori dei suoi prodotti farmaceutici in Romania.
Da ciò ne deriverebbe che la società tedesca non disponeva in Romania di una Stabile organizzazione siccome non ha in tale stato una struttura che le consenta la ricezione di prestazioni di servizi fornite dalla società rumena e di utilizzarle ai fini della sua attività economica.
La Cgue ha così concluso ritenendo che una società non dispone di una stabile organizzazione in altro Stato se ivi detiene una società figlia che metta a sua disposizione mezzi umani e tecnici in forza di contratti mediante i quali essa le fornisce, in via esclusiva, un insieme di servizi che sono in grado di avere un’influenza diretta sul volume delle sue vendite.
Le prospettive
Il concetto di stabile organizzazione è il risultato dell’attività propria della Corte di giustizia che ha elaborato fin dagli anni ottanta una prima definizione di centro di attività stabile (Berkholz, C-168/84), divenuto poi stabile organizzazione in seguito alla pronuncia nel caso Fce Bank (C-210/04). Ma tale definizione necessita di un ammodernamento, anche in seguito alla progressiva evoluzione del mercato (digitale in primis), che ha messo in crisi, sgretolandoli, i capi saldi della territorialità e fisicità, propri della concezione ormai passata.
È da segnalare che tale cambio di rotta si è avuto con i casi Welmory (C-605/12) e Dong Yang (C-547/18), ove è stata abbandonata la definizione alquanto circoscritta seguita nelle altre vicende dalla Corte di giustizia (da ultima, poi ripresa in Titanium (C-931/19).
Ora i giudici europei si trovano a un bivio: ampliare il concetto e la definizione di stabile organizzazione, oppure rimanere ancorati all’originaria definizione. Oggi la Corte, nella risoluzione della vicenda in esame, sembra che abbia preferito aderire alla soluzione innovativa e di ampia portata seguendo il percorso tracciato di recente (Welmory e Dong Yang).
Il punto che più merita attenzione riguarda il fatto che la Cgue abbia sottolineato come la sola presenza di una società figlia all’estero non possa essere sintomo di stabile organizzazione qualora sussista un determinato rapporto tra le varie società.
Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.
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