Imposte

Iva non dovuta, perimetro più largo per le richieste di restituzione

La regola dell'articolo 30-ter resta eccezionale rispetto alla variazione diminutiva. In assenza di interpretazioni ufficiali, la portata è delineata da alcune risposte del Fisco

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Depotenziata per via giurisprudenziale la portata dell’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/1997 sulla detraibilità dell’Iva non dovuta (per tutte, Cassazione 16084/2022), per recuperare l’imposta applicata impropriamente diviene centrale la norma dell’articolo 30-ter del Dpr 633/1972: la quale opera però come regola eccezionale rispetto alla disciplina generale dell’articolo 26 del decreto Iva. In mancanza di un contributo interpretativo ufficiale “ad hoc”, il perimetro della disposizione è delineato da una serie di interventi contenuti, soprattutto, in alcune risposte a interpello.

I punti fermi del Fisco

Partiamo dalla norma. Al di fuori delle ipotesi di frode, il “soggetto passivo” può chiedere la restituzione dell’imposta non dovuta entro due anni dal versamento o dalla data in cui si è realizzato il presupposto per il suo recupero (articolo 30-ter, comma 1). Se l’Iva non dovuta è stata definitivamente accertata dall’amministrazione finanziaria, il «cedente o prestatore» ne chiede invece il rimborso entro due anni dalla restituzione al cessionario/committente di quanto dallo stesso indebitamente pagato (comma 2).

Al di là del profilo soggettivo su cui permangono alcune incertezze (basti pensare ai diversi termini – soggetto passivo e cedente/prestatore – utilizzati nei due commi), le Entrate hanno tuttavia fissato diversi punti fermi. In particolare, la circolare 20/E del 2021 (con richiamo a precedenti risposte) ha consacrato il principio per cui l’articolo 30-ter si qualifica come «norma residuale ed eccezionale» che viene in rilievo solo in presenza di «condizioni oggettive» che non consentono di procedere con la variazione in diminuzione ex articolo 26, Dpr 633/72. Non ricorrono simili condizioni se il termine per la variazione è scaduto per “colpevole” inerzia del contribuente.

In quest’ottica, non osta all’istanza dell’articolo 30-ter il fatto di aver legittimamente chiuso la partita Iva, con conseguente impossibilità di emettere nota di credito, prima della conclusione di una procedura fallimentare rivelatasi incapiente (risposta 309/2022). Parimenti lecita è la richiesta quando i termini per la variazione diminutiva scadono prima che il soggetto disponga degli elementi certi che rendono l’imposta non dovuta (risposte 69/2021 e 440/2022) o nei casi in cui una norma disponga retroattivamente la non imponibilità dell’operazione (circolare 5/E/2022, paragrafo 1).

È inoltre ammessa la restituzione dell’imposta, in base alla norma in questione, nel caso di un accordo transattivo intervenuto oltre l’anno dall’emissione delle fatture, qualora non sussista alcun rischio di perdita fiscale, perché il destinatario dei documenti si è astenuto dall’esercizio della detrazione (così la risposta 762/2021).

Le richieste di restituzione

Sotto l’aspetto procedurale, è ammesso che la restituzione sia domandata dal cessionario dell’azienda acquistata da un soggetto che ha successivamente cessato l’attività, il quale aveva indebitamente applicato l’Iva su alcune operazioni nei confronti di altro operatore. Quest’ultimo, raggiunto da accertamento per indebita detrazione dell’imposta non dovuta, versava quanto richiesto dall’Erario. Dato che l’emittente delle fatture errate (il dante causa della cessione d’azienda) risulta estinto, sarà quindi il cessionario dell’azienda (l’avente causa) che, in virtù della successione nella posizione del cedente, può azionare il rimborso ex articolo 30-ter nei due anni dalla data in cui avrà restituito al soggetto accertato l’Iva «da lui versata per effetto di accertamento definitivo» (risposta 432/2022).

Tornando al profilo soggettivo, interessante è la risposta 858/2021. Una società alla quale è stata disconosciuta il recupero dell’imposta in relazione a note di accredito emesse tardivamente (oltre l’anno), dopo aver versato l’importo accertato, chiede al cessionario la restituzione dell’Iva riconosciutagli con la nota di variazione. Pagata l’Iva chiesta dal cedente, il cessionario domanda se possa a sua volta recuperarla, dato che l’articolo 30-ter, comma 2, concerne il rimborso al cedente/prestatore dell’Iva accertata e restituita al cessionario/committente.

Per il principio di neutralità, è tuttavia legittimo che il destinatario delle note d’accredito chieda all’Erario la restituzione dell’imposta versata al fornitore (entro due anni da tale versamento). In tal caso, «nonostante la lettera della norma», potrà pertanto applicarsi l’articolo 30-ter, comma 2, del Dpr 633/72, posto che la finalità della disposizione «impone di riconoscere analoga tutela restitutoria in favore del cessionario o committente».

I CHIARIMENTI DEL FISCO

Norma eccezionale e residuale
È possibile ricorrere al rimborso solo «laddove il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione» ex art. 26, comma 2, Dpr 633/72.
Circolare 20/E/21, risposte 592-593/20, 663/20 e 478/20

Retroattività
L'articolo 30-ter, introdotto dalla legge 167/2017, si applica anche a fatti verificatisi anteriormente alla data di entrata in vigore della disposizione (12 dicembre 2017).
Risposte 66/2018 e 128-129/19

Termine per il rimborso in caso di accertamento
Il rimborso dell'Iva indebitamente versata è strettamente collegato alla restituzione al cessionario/committente di quanto erroneamente addebitato e incassato a titolo di rivalsa. I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso decorrono dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della somma versata da tale soggetto per effetto di accertamento definitivo.
Risposta 66/2018

Termine ultimoin caso di soggetto fallito
Il presupposto per la restituzione è costituito dalla scadenza del termine per opporre reclamo al decreto di chiusura del fallimento con il quale l'infruttuosità della procedura è divenuta definitiva.
Risposta 593/2020

Rimborso successivo a cessione d'azienda
Se per effetto della cessione del ramo aziendale il soggetto dante causa può considerarsi “estinto” – avendo cessato qualunque attività rilevante ai fini Iva in Italia e chiuso la sua posizione Iva – è l'avente causa il soggetto legittimato a presentare la domanda di restituzione dell'imposta.
Risposta 432/2022

Split payment
Nell'ipotesi in cui la maggiore imposta sia stata versata con split payment, il fornitore deve indicare nell'istanza come beneficiario del rimborso il committente (nel caso di specie, l'ente). In alternativa, se la richiesta di rimborso è presentata direttamente dal committente, l'istanza va sottoscritta anche dal fornitore, parimenti responsabile di un eventuale rimborso non spettante.
Risposta 424/2021

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