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Iva, nota di variazione di sola imposta per correggere gli errori di aliquote

I chiarimenti delle Entrate durante lo Speciale Telefisco: spazio al ravvedimento per sanare l’applicazione del regime dell’esportatore abituale a fatture con Iva in tutto o in parte indetraibili

di Raffaele Rizzardi

Il 1° luglio 2022 vanno a effetto non poche novità relative all’imposta sul valore aggiunto, ed è interessante analizzare le risposte delle Entrate durante lo Speciale Telefisco, che spaziano su una pluralità di argomenti.

Le note di variazione nel concordato preventivo

Per le procedure aperte dal 26 maggio 2021 non occorre attenderne la fase finale, potendo recuperare l’Iva sin dall’inizio. Il problema di cui si occupa questa risposta nasce proprio da questo momento anticipatorio, in quanto per le procedure precedenti si fa riferimento solo a quanto incassato nel piano di riparto conclusivo.

Il proponente del quesito intende procedere allo storno per l’intero importo del credito, salvo poi emettere nota di variazione in aumento per quanto sarà effettivamente incassato.

Questo modus operandi è corretto nel caso di fallimento, ma nel concordato preventivo la legge fallimentare pone come condizione per l’omologazione che ci sia l’impegno al pagamento di una percentuale variabile dal venti al quaranta per cento. Il recupero dell’Iva deve pertanto avere luogo solo per la parte non coperta, cioè – in base alle due percentuali sopra indicate – per l’ottanta o il sessanta per cento.

Il momento di emissione delle note di variazione nelle procedure concorsuali

Questo tema non è trattato nelle risposte a Speciale Telefisco, ma ne parliamo per connessione. Ne parla la circolare Assonime n. 10 del 15 marzo 2022, a commento della circolare dell’agenzia delle Entrate 20/E/2021.

Il nodo della questione è dato da un errore, esistente ormai da cinquant’anni, nell’articolo 26 legge Iva, che qualifica l’effetto delle note di variazione in diminuzione come «detrazione ai sensi dell’articolo 19». Questa sbagliatissima qualificazione risale al testo originario della legge Iva, quando i contribuenti non utilizzavano le calcolatrici, ed era più semplice assimilare la nota di variazione in diminuzione a una fattura di acquisto. Addirittura nei primi due anni dell’Iva era obbligatorio annotare questi documenti nel registro acquisti, salvo poi che già nella prima dichiarazione annuale si chiedeva di toglierle dalle vendite. Sperando che l’anomalia venga corretta normativamente o che qualcuno porti la questione alla Corte di giustizia, si pone il problema della decadenza del diritto di detrazione, stabilito dal primo comma dell’articolo 19.

Stiracchiando questa norma, che esiste, ma che non c’entra per nulla, la circolare dell’Agenzia richiama le sentenze della Corte di giustizia che si riferiscono all’unica detrazione prevista dalla direttiva, cioè quella sugli acquisti, e che quindi non hanno il minimo rilievo per questo problema, arrivando alla conclusione che: «se il presupposto per operare la variazione in diminuzione si verifica nel periodo d’imposta 2021, la nota di variazione può essere emessa, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno 2021, vale a dire entro il 30 aprile 2022. Se la nota è emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2022, la detrazione può essere operata nell’ambito della liquidazione periodica Iva relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa, ovvero direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023)».

A parte l’anomalia di cogliere l’attimo fuggente o dover aspettare anche dieci anni, osserva l’Assonime che potrebbero crearsi problemi, specie per le procedure aperte a fine anno, richiamando la propria precedente circolare con cui, superato questo termine, si potrebbe utilizzare il criterio delle vecchie procedure, emettendo la nota di variazione alla fine.  Su questo l’associazione chiede una conferma da parte dell’agenzia delle Entrate, che non è ancora venuta.

Variazioni di imponibile e imposta 

Stupisce che a cinquant’anni dall’entrata in vigore dell’Iva si facciano ancora quesiti di questo tipo. L’articolo 26 della legge Iva, anche qui sin dalla sua versione originaria, mai cambiata su questo punto, parla di operazione che «viene meno in tutto o in parte, o di cui se ne riduce l’ammontare imponibile». Le variazioni sono pertanto di imponibile e di imposta. Così anche l’articolo 90 della direttiva, che parla di «base imponibile debitamente ridotta».

Il richiedente voleva fare una variazione di sola imposta per una procedura concorsuale avviata successivamente al 26 maggio 2021. Condividiamo la risposta dell’Agenzia: la variazione di sola imposta si fa unicamente per correggere errori di aliquota.

Codici fattura per i forfettari

Il Sistema di Interscambio della fatturazione elettronica è al momento abbastanza rigido. Si pensi alle esenzioni con diritto di detrazione, per agevolare cessioni e prestazioni correlate all’emergenza pandemica, che sono state fatturate con il medesimo codice N4 previsto per le esenzioni senza diritto di detrazione. Forse sarebbe stato utile attribuire uno specifico codice di non applicazione dell’Iva per i forfettari, che peraltro ai fini di questo tributo dovremmo chiamare in regime di franchigia, essendo il forfait qualificante solo per il reddito. Si conferma il codice natura N2.2 – non soggette a Iva – altri casi, diversi cioè da quelli di extraterritorialità individuati con N.2.1.

La risposta prosegue ricordando che questo codice natura trascina l’applicazione dell’imposta di bollo, di 2 euro se il documento supera 77,47 euro. Con la fatturazione elettronica sarà agevole, sia per i contribuenti che per l’amministrazione finanziaria, controllare l’esatto adempimento. Con la fattura cartacea la marca da bollo (oggi «contrassegno telematico») va applicata sull’originale che va al cliente, ed è inimmaginabile un controllo sistematico, il cui costo supererebbe il gettito.

Le bozze dei registri per i forfettari 

Anche con il passaggio alla fatturazione elettronica questi contribuenti sono esonerati dalla tenuta dei registri. Ma lo scopo dell’estensione di questa modalità di fatturazione ai forfettari è proprio quello di "registrare" le operazioni, per controllare che non vengano superati i 65mila euro, ai fini della conferma per l’anno successivo, e per accertarsi che l’importo indicato nella dichiarazione dei redditi tenga conto di tutte le fatture emesse. Non possiamo quindi parlare di veri e propri registri, analoghi a quelli le cui bozze sono predisposte per i contribuenti trimestrali, ma l’accesso all’area riservata «Fatture e corrispettivi» pone in evidenza l’elenco delle fatture emesse. A dire il vero non si trova un totale, ma si può estrarre una tabella in excel, da incollare su un file, consentendo tutte le rielaborazioni, tra cui quella relativa al totale e ai progressivi.

Nuovo esterometro

L’ancora di salvezza da adempimenti assolutamente inutili con la trasmissione di dati inutilizzabili e inutilizzati, è venuta con l’articolo 12 del Dl 73 del 21 giugno 2022 – decreto Semplificazioni, che ha introdotto la soglia di 5mila euro per la comunicazione dei documenti di spesa, per ogni singola operazione, relativa ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7 -octies legge Iva.

È il caso dell’albergo o del pranzo in un ristorante all’estero o del rifornimento di carburante.

La risposta dell’Agenzia a Telefisco, ovviamente precedente la nuova disposizione, risponde che i "documenti" da utilizzare sono TD17 per gli acquisti di servizi e TD19 per i beni. Quanto alla natura dell’operazione propone lo stesso codice dei forfettari (N2.2) verosimilmente ritenendo applicabile solo alle operazioni attive il codice N2.1, specifico per l’extraterritorialità.

Non occorre preoccuparsi per il fatto che sia N2.1 che N2.2 vengono individuati dalla procedura come soggetti a bollo: l’esenzione dal tributo consegue all’utilizzo del «Tipo documento» sopra individuato.

Dichiarazioni d’intento e Iva indetraibile

L’ultima risposta dell’Agenzia affronta il problema di come sanare la violazione consistente nell’applicazione del regime dell’esportatore abituale a fatture con Iva in tutto o in parte indetraibile. Questa situazione determina comunque un errato utilizzo del plafond, sanzionabile dal 100% al 200% dell’imposta (articolo 7, comma 4, Dlgs 471/1997), con la possibilità di procedere alla sanatoria con le stesse modalità di definizione dello splafonamento, utilizzando le attenuazioni del ravvedimento.

Nel caso di imposta oggettivamente indetraibile viene confermata anche la responsabilità del cedente o prestatore. Le situazioni di indetraibilità assoluta sono elencate in alcune voci dell’articolo 19-bis1 legge Iva, ma sono abbastanza marginali rispetto a quelle in cui occorre tener conto anche dell’utilizzo del bene o del servizio da parte dell’acquirente.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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