Controlli e liti

Iva, nullo l’avviso senza rilascio di Pvc se causa un «danno»

di Rosanna Acierno

È nullo l’accertamento emesso ai fini Iva senza il preventivo rilascio del Pvc o di un verbale di contraddittorio qualora il contribuente dichiari di aver subìto un danno a causa della mancata conoscenza della verifica, derivante dall’impossibilità di aderire a un istituto deflativo del contenzioso (ad esempio l’adesione al Pvc) e di beneficiare della riduzione più favorevole delle sanzioni. È questo il principio enunciato dalla Ctp di Parma 23/1/2017 (presidente e relatore Parmeggiani).

La pronuncia trae origine da tre atti impositivi per il 2008 relativi rispettivamente a Irpef, Irap e Iva, emessi a seguito di un accertamento “a tavolino”, volto a contestare l’utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti.

Impugnati cumulativamente gli atti impositivi dinanzi alla Ctp di Parma, in via pregiudiziale, il contribuente eccepiva la mancanza di un confronto preventivo con l’amministrazione finanziaria e, conseguentemente, la nullità degli avvisi perché emessi ante tempus, prima dei 60 giorni dal rilascio di un Pvc.

Costituitosi in giudizio, l’ufficio difendeva la legittimità del proprio operato, sottolinenando che la verifica era stata svolta direttamente in ufficio e per questo non era stato violato lo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 7), che impone il rispetto dei 60 giorni solo in caso di verifiche svolte mediante accesso.

La Ctp di Parma, nell’accogliere il ricorso, ha richiamato la sentenza a Sezioni unite della Cassazione 24823/2015, con cui è stato statuito che, in caso di verifica di tributi armonizzati (quali l’Iva), il contribuente ha diritto al preventivo confronto con l’amministrazione finanziaria, anche se l’omissione di ciò non sempre determina la nullità dell’atto impositivo. L’invalidazione, infatti, opera se il contribuente stesso, a seguito dell’omesso confronto, dimostra di aver subìto «un nocumento o una diminuzione delle possibilità di difesa rispetto alla pretesa fiscale».

Pertanto, in caso di accertamenti ai fini Iva, sussiste in capo all’amministrazione finanziaria il generale obbligo di instaurare il contraddittorio preventivo quando il contribuente accertato dimostri di aver subìto un danno oppure una lesione.

Secondo i giudici parmensi, la prova richiesta in capo al contribuente circa il danno subìto deve ritenersi assolta laddove si faccia rilevare che in caso di emissione di un verbale di constatazione o di contraddittorio, si sarebbe potuto optare per l’adesione al Pvc o al verbale di contraddittorio (istituti deflattivi all’epoca dei fatti vigenti), con conseguente riduzione delle sanzioni a 1/6 del minimo. L’accertamento, dunque, è nullo laddove il contribuente dimostri di aver subìto un danno corrispondente alla mancata possibilità di pagamento delle sanzioni in misura inferiore rispetto a quelle dovute (seppure in misura ridotta) in caso di accettazione dell’atto impositivo.

Il collegio, inoltre, afferma la nullità dell’atto sia ai fini Iva, sia ai fini delle imposte dirette in virtù del principio di assorbimento, laddove - come nel caso di specie - l’accertamento riguardi rettifiche ai fini delle imposte dirette conseguenti a violazioni Iva.

Ctp Parma 23/1/2017

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