Contabilità

Iva, con rapporto debiti/ricavi al 30% scatta la segnalazione

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di Riccardo Borsari

La prevenzione della crisi è attuata dal nuovo Codice attraverso la previsione, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore, di obblighi di segnalazione demandati a due differenti categorie di soggetti.

Si tratta, anzitutto, di quei soggetti preposti al controllo della legalità della gestione dell’impresa, quali sono gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione. Vengono poi in questione una serie di soggetti pubblici esterni i quali si possono trovare ad essere creditori dell’impresa in ragione di obbligazioni pecuniarie di carattere pubblico, quali imposte o contributi previdenziali.

Affinché i meccanismi di allerta funzionino adeguatamente, la riforma prevede che gli obblighi di segnalazione diretti all’organo amministrativo scattino in automatico al verificarsi di situazioni fattuali indicative di uno stato di crisi. Si intende così sottrarre a qualsiasi discrezionalità, soprattutto nel caso degli organi di controllo societari interni, l’innesco della procedura preventiva di composizione della crisi. Per questo motivo, è lo stesso legislatore a definire, con precisione, gli indici della crisi, dai quali si desume lo stato di allerta che fa scattare la procedura compositiva.

L’articolo 13 Ccii, pur con qualche ridondanza e in maniera non del tutto lineare, definisce la sostanza e il ruolo degli indici della crisi, che devono dare evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi, e devono essere in grado di misurare la sostenibilità degli oneri derivanti dall’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono indicatori di crisi anche i reiterati e significativi ritardi nei pagamenti, di durata diversa in rapporto alle diverse categorie di debiti.

La norma demanda l’elaborazione di tali indici al Cndcec, da approvarsi poi con decreto ministeriale. La compilazione di questi indici è periodica e almeno triennale.

Si prevede che tali indici vengano elaborati per categorie differenti di attività economiche e che ve ne siano di specifici relativi a start-up innovative, Pmi innovative, società in liquidazione e imprese “giovani”. Gli indici consistono in definitiva in grandezze funzionali, secondo il dettato della legge, a valutare la capacità delle imprese di onorare i debiti contratti con i creditori e la continuità aziendale per l’immediato futuro.

È possibile per la singola impresa far valere peculiarità tali da ovviare all’impiego degli indici elaborati dal Cndcec? La risposta è positiva, ma il legislatore richiede che ne vengano specificate le ragioni e che i differenti indici elaborati siano indicati nella nota integrativa e la loro adeguatezza attestata da un professionista indipendente in un documento allegato alla nota integrativa stessa e che ne costituisce parte integrante. Si può dunque ritenere che gli indici elaborati dal Cndcec funzionino quali presunzioni semplici, evincibili attraverso la procedura di certificazione appena vista.

In nessun caso il meccanismo può risolversi in un’agile scappatoia di situazioni negative in corso; il Codice prevede, infatti, che gli indici individualizzati possano essere impiegati solo dall’esercizio di bilancio successivo. Ai sensi dell’articolo 14 Ccii, gli organi di controllo interni adoperano unitariamente gli indicatori nelle verifiche periodiche circa l’esistenza di fondati indizi della crisi.

Nello specifico, essi verificano che l’organo amministrativo monitori costantemente l’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa, il suo equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione. Il pieno controllo sulla situazione dell’impresa è poi agevolato nel caso delle società dalla previsione collaterale di un flusso informativo obbligatorio e diretto fra creditori privati dell’impresa quali banche e intermediari finanziari e organi di controllo relativamente a revisioni o revoche degli prestiti a favore dell’impresa.

L’articolo 15, invece, introduce l’obbligo di attivare l’allerta in capo ai creditori pubblici. In questo caso, non esistono organi preposti all’elaborazione di indici; la natura dei debiti in questione è infatti per se stessa rivelatrice della situazione di sofferenza dell’impresa. Nel caso dei debiti nei confronti dell’agenzia delle Entrate, l’obbligo di segnalazione scatta quando l’ammontare totale del debito Iva sia pari ad almeno il 30% del volume di affari e nel contempo superiore a cifre-soglia individuate per scaglioni di volume di affari. Per quanto concerne l’Inps, si prevede la segnalazione quando l’impresa sia in ritardo di oltre sei mesi nel versamento dei contributi previdenziali di ammontare oltre la metà di quelli dovuti nell’anno prima e comunque superiori a 50mila euro; per il riscossore delle imposte la soglia di rilevanza dei debiti scaduti è pari a 500mila euro per le imprese individuali e un milione per le collettive.

Il legislatore si è preoccupato di assicurare anche l’effettività della segnalazione. Nel caso dei crediti delle Entrate e dell’Inps, infatti, è prevista la perdita del privilegio relativo alle somme dovute nel caso di manata segnalazione. Nel caso dell’agente riscossore, l’incentivo è ancora più forte poiché per la mancata segnalazione è sancita l’inopponibilità dei crediti per le spese e gli oneri di riscossione.

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