Juliane Kokott Avvocato generale della Corte di giustizia Ue: «Sul fisco digitale primato alla politica»
All’economia digitale serve un nuovo diritto fiscale internazionale e condiviso, da “creare” in sede politica. Il giudice europeo in questi anni ha contribuito alla individuazione di “minimi denominatori comuni”, tuttavia non può avere un ruolo supplente su scelte che toccano equilibri “glocal”, molto locali quando si tratta di “trattenere” i tributi, molto globali per le implicazioni di politica internazionale. A sostenerlo è Juliane Kokott, avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, ieri a Milano per partecipare al forum organizzato da Ludovici Piccone & Partners proprio sul ruolo della Corte nella costruzione di un sistema tributario europeo.
Qual è la sua posizione sulla web tax?
La tassazione dell'economia digitale è una questione molto interessante. È evidente che il sistema tradizionale di norme oggi appare inadeguato ed è di difficile adattamento all'economia moderna, ma è pur vero che resta controverso se sia opportuno creare un sistema legale e regolamentare ad hoc. Ci sono vari tipi di economia, scegliere la regolamentazione fiscale più adatta è una questione che riguarda la politica. Il compito del giudice è solo quello di applicare la legge.
Ma non crede che sia importante, oltre che urgente, definire regole internazionali uniformi, utili anche a superare le barriere intraUe e i contenziosi sovranazionali?
Credo senz'altro che servano regole internazionali per definire con chiarezza la ripartizione degli utili delle società multinazionali. Ma anche per questo motivo serve un consenso politico internazionale per la definizione condivisa delle regole.
Cosa pensa delle criptovalute? Come le qualificherebbe?
Ci sono modi molto diversi di approcciare la questione delle criptovalute. La Corte di giustizia una posizione l'ha presa nell'ottobre del 2015, decidendo sul caso Hedquist (David Hedquist, fondatore del sito Bitcoin.se, aveva chiesto chiarimenti circa il regime fiscale delle transazioni in bitcoin e la conversione di bitcoin in monete centralizzate, ndr) e comunque sotto il profilo della tassazione indiretta (Iva/Vat), stabilendo che le transazioni con valute crittografiche sono esentate dall'imposta sul valore aggiunto. A seguito di quella decisione sono sorti altri progetti, come quello del ministero tedesco dell'Economia che, poco più di due mesi fa, ha ufficializzato di considerare il Bitcoin esente da tassazione se viene utilizzato come mezzo di pagamento.
Anche alla luce di questi “strappi” in avanti di alcun Paesi sui temi più attuali, non crede che sia sempre più urgente omologare o quantomeno avvicinare le legislazioni fiscali, almeno in ambito comunitario?
È di tutta evidenza che le regole fiscali tradizionali, nate in altre epoche, non sono più adeguate o quantomeno esaurienti per l'economia moderna. Tuttavia, mi rendo conto che su questo terreno si incontrano culture e sensibilità differenti proprio all'interno degli Stati membri. Sarà un processo di crescita “critica”.
E qual è stato, se c'è stato, il ruolo della Corte di giustizia nell'individuare un sistema tributario europeo con minimi denominatori comuni?
La Corte di giustizia ha contribuito in modo significativo alla costruzione di un “sistema tributario europeo” nella materia delle imposte dirette, dichiarando incompatibili con il diritto dell'Unione le disposizioni tributarie nazionali che violano libertà fondamentali. Negli ultimi 15 anni, peraltro, la Corte ha sviluppato “cause di giustificazione” non scritte all'applicazione di disposizioni tributarie nazionali restrittive dell'esercizio di tali libertà, con l'intento di preservare un'equilibrata ripartizione del potere impositivo tra Stati membri, cioè il diritto per questi ultimi di tassare i presupposti maturati nel loro territorio (è il caso della giurisprudenza in materia di exit taxation), sia pur con talune eccezioni (è il caso della utilizzabilità cross-border delle “perdite finali”). In questo quadro, l'applicabilità di misure nazionali antiabuso deve tuttavia avere come scopo specifico il contrasto di strutture artificiose volte ad ottenere vantaggi fiscali indebiti, non ammettendosi, per contro, presunzioni generali di abuso. Tale ultimo principio ha richiesto un contemperamento con il principio di tutela del legittimo affidamento, che la Corte ha interpretato in senso particolarmente attento alla tutela degli interessi finanziari dell'Unione.
Cosa pensa della sfida degli Usa al resto del mondo - e da ieri anche all'Europa - sul tema dazi?
Questa è proprio una questione di politica internazionale.
Non destinata, secondo lei, a incrementare anche il contenzioso giudiziario?
Credo che sia in prima battuta una questione da affrontare in sede Wto.