Controlli e liti

L’accertamento basato su presunzioni taglia fuori le imprese dagli appalti

Confermata nel Dl 76/2020 la norma che punisce le irregolarità fiscali non definitive. Fuori dalle gare per rettifiche su maggiori ricavi delle imprese solo presunti

di Antonio Iorio e Giuseppe Latour

Esclusione dalle gare per le imprese che hanno debiti con il fisco ancora provvisori. E, addirittura, nel caso di accertamenti fondati su sole presunzioni, basati magari solo su scostamenti di tipo teorico. È questo il nuovo meccanismo introdotto dal decreto semplificazioni (Dl 76/2020, in vigore dal 17 luglio) che, dopo la conversione alla Camera, si prepara a diventare definitivo. Creando moltissimi problemi a tutti gli operatori economici.

Nonostante gli emendamenti presentati in Parlamento, infatti, non è stato possibile modificare la norma e renderla più sostenibile per chi partecipa abitualmente a gare pubbliche. Tanto che iniziano già ad arrivare segnalazioni di certificati di regolarità fiscale nei quali l’agenzia riporta anche gli accertamenti non definitivi a carico delle imprese.

La norma riconosce alle stazioni appaltanti il potere discrezionale di escludere gli operatori economici dalle gare, nel caso in cui vengano a conoscenza e siano in grado di dimostrare che l’impresa non abbia pagato imposte, tasse o contributi previdenziali. Non serve un accertamento definitivo, ma è sufficiente che questo mancato pagamento superi i 5mila euro. In sostanza, diventa possibile escludere imprese con debiti ancora provvisori.

Di fatto, questo sistema rischia poi di istituire una sorta di tassa sulle gare. Perché, come spiegano anche dall’Ance – che parla di disposizione fortemente negativa -, «l’unica possibilità per l’operatore di non essere escluso dalla procedura di gara è il pagamento integrale (o della prima rata, in caso di rateizzazione) della cartella di pagamento, prima della scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione» (si veda anche il pezzo al lato).

C’è, poi, da considerare che nel sistema italiano sono utilizzati quasi sempre accertamenti di tipo presuntivo. «Si tratta – dicono ancora dall’Ance - di strumenti accertativi utilizzabili senza particolari oneri probatori a carico dell’amministrazione finanziaria, per cui, il più delle volte, si rilevano infondati e successivamente annullati».

Si pensi a tutte le ipotesi in cui, ad esempio, per la quantificazione dei maggiori ricavi i verificatori applicano percentuali di ricarico esagerate o prive di riscontro concreto nella realtà. Si giunge, così, a contestazioni anche molto elevate di asserite somme sottratte al fisco che tuttavia il contribuente non ha mai evaso.

Spesso, poi, gli uffici formulano contestazioni nei più svariati settori impositivi solo perché ritengono che il valore normale dei beni ceduti sia inferiore a quello di mercato.

Spesso si assiste - ad esempio - a contestazioni alle imprese immobiliari di maggiori ricavi perché un appartamento è stato venduto considerando un certo valore al metro quadro e altri invece con prezzi differenti e non si tiene conto della differente tipologia dell’immobile, dell’esposizione diversa, delle finiture, quasi pretendendo che l’impresa venda sempre e comunque allo stesso prezzo.

In questi casi è sintomatica della consapevolezza degli stessi uffici di aver esagerato nelle contestazioni, la circostanza che la stessa agenzia delle Entrate, in occasione dell’eventuale procedimento di adesione, sia disponibile ad abbattere anche sensibilmente la propria iniziale pretesa, solo a condizione però che il contribuente aderisca alla proposta.

Vi sono poi tutte le contestazioni sulle fatture soggettivamente inesistenti, dove viene richiesta l’Iva sugli acquisti perché, secondo i verificatori, il contribuente si sarebbe dovuto accorgere che il proprio fornitore non rispettava gli obblighi fiscali, senza considerare che non ha tratto alcun beneficio da questi illeciti (avendo pagato l’Iva al fornitore) e che per scoprirlo la GdF o l’agenzia delle Entrate ci ha impiegato degli anni.

Da ultimo, occorre considerare che, a parte la dubbia legittimità della idoneità di simili accertamenti per l’esclusione dalla gara, si rischia, seriamente, di coinvolgere i funzionari del fisco in azioni risarcitorie, se per queste contestazioni (poi dichiarate infondate) l’impresa venga esclusa dalla gara.

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