I temi di NT+Modulo 24

L’accertamento induttivo non può ignorare i costi (compresi quelli presunti)

Si consolida l’orientamento della Cassazione teso a scongiurare l’illegittima tassazione dei ricavi lordi

di Luigi Lovecchio

In caso di accertamento induttivo “puro”, l’ufficio ha l’obbligo di tener conto dei costi sostenuti, anche in via presuntiva. In caso contrario, si attuerebbe l’illegittima tassazione dei ricavi lordi, in aperta violazione dell’articolo 53 della Costituzione. Con le sentenze n. 10968/2020 e n. 10982/2020, si consolida l’orientamento garantista della Corte di Cassazione, sulle modalità di effettuazione degli accertamenti induttivi.

Il principio stabilito dalla Corte costituzionale

L’orientamento in esame ha trovato un punto di forza importante nella sentenza n. 225/2005 della Corte costituzionale, in materia di “accertamenti bancari”. Il quesito sollevato in quell’occasione davanti ai giudici delle leggi riguardava la legittimità costituzionale della disposizione (articolo 32, primo comma, n. 2, Dpr n. 600/1973) che consente di porre a base della determinazione di maggiori ricavi i prelevamenti non giustificati, senza poter dedurre i costi afferenti ai ricavi accertati.

Nella citata pronuncia 225, la Consulta ha rigettato l’eccezione di incostituzionalità, osservando tra l’altro che in presenza di accertamenti induttivi è comunque configurabile l’obbligo per l’ufficio di tener conto, in deduzione dai maggiori ricavi accertati, della incidenza percentuale dei costi presuntivamente ad essi relativi. Si rileva peraltro come la Consulta avesse in mente gli accertamenti induttivi “puri”, ex articolo 39, secondo comma, Dpr 600/1973, mentre gli accertamenti da indagini bancarie non necessariamente generano una tale tipologia di rettifica. La sentenza in esame ha comunque avuto un seguito importante, tant’è che da esso ha tratto nuova linfa l’orientamento di Cassazione sopra enunciato.

I chiarimenti della Cassazione

Nelle sentenze innanzi richiamate, la Corte di Cassazione prende in esame l’accertamento induttivo derivante dall’omessa presentazione della dichiarazione e ribadisce alcuni importanti criteri di diritto. In particolare, si afferma che in tale contesto l’ufficio è senz’altro legittimato ad avvalersi di presunzioni cosiddette “semplicissime”, cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Tali presunzioni sono idonee ad invertire l’onere della prova sul contribuente, qualora esse siano rappresentative non solo dei ricavi non dichiarati ma anche dei costi ad essi relativi, se del caso determinati in via forfettaria.

È invece senz’altro illegittimo, di per sé, l’accertamento induttivo che si risolve in una determinazione di soli maggiori ricavi. Il contribuente, da parte sua, ha la facoltà di allegare l’esistenza di costi ulteriori afferenti la produzione dei ricavi. Di tali costi, l’ufficio, in primis, e, in caso di sua omissione, il giudice devono tener conto, nel rispetto del principio di capacità contributiva.

Né può essere di ostacolo, al riguardo, la mancata registrazione dei costi nelle scritture contabili, atteso che tale obbligo riguarda solo il riconoscimento delle spese nell’ambito degli accertamenti analitici o analitico – presuntivo. A quest’ultimo proposito, peraltro, si ricorda come, ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b) del tuir, sono comunque ammessi in deduzione i costi afferenti i ricavi non imputati a conto economico, se risultano da elementi certi e precisi.

Il riconoscimento dei costi

Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile quindi riepilogare i termini della questione relativa al riconoscimento dei costi in sede di accertamento. Pertanto:

a) in presenza di accertamenti analitico o analitico – induttivi, i costi sono ammessi in deduzione, di regola, solo se imputati nel conto economico di competenza;

b) fanno eccezione i costi specificamente afferenti i maggiori ricavi accertati in via analitica che, se risultanti da elementi certi e precisi, sono sempre deducibili, anche se non contabilizzati;

c) in presenza di accertamenti induttivi puri (ad esempio, da omessa dichiarazione dei redditi), invece, i costi devono comunque essere valorizzati, anche in via forfettaria e dunque anche se non risultanti da scritture contabili.

Resta ferma la facoltà del contribuente di provare l’esistenza di costi ulteriori rispetto a quelli determinati dall’ufficio.

Questo articolo fa parte del nuovo Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore. Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24