L’acquiescenza dell’accomandante mette fuori gioco il litisconsorzio
Il litisconsorzio necessario tra soci e società di persone, per orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato, tende a garantire l’unitarietà del procedimento atteso che l’avviso di accertamento a carico di società di persone produce simultaneamente effetti sui soci, creandosi un rapporto inscindibile che pretende una gestione processuale unitaria. Tale consolidato principio, che consente finanche al giudicato di produrre effetti rispetto ad atti divenuti definitivi per mancata impugnazione, regredisce rispetto ad atti già chiusi per acquiescenza (ad esempio da parte dell’accomandante) e già regolati con il pagamento delle imposte connesse. Questo uno dei principi che si ricava dalla sentenza 5833/01/2019 della Ctp Milano del 23 dicembre 2019 (presidente e relatore Pilello).
Il caso
La vicenda ritorna dai primi giudici dopo il rinvio disposto dalla Suprema corte in quanto veniva dichiarata non soltanto la nullità della sentenza impugnata ma anche dell’intero giudizio per difetto di contraddittorio: «non essendo stato introdotto il giudizio, a cancellazione della società già avvenuta, anche nei confronti dell’ex socio accomandante». In estrema sintesi i fatti:
a) la Ctp accoglieva il ricorso proposto dal socio accomandatario della società estinta (sas);
b) la Ctr riformava la sentenza e accoglieva l’appello dell’Ufficio ritenendo che, in caso di cancellazione della società, i creditori non soddisfatti possano rivalersi sull’intero patrimonio dei soci illimitatamente responsabili e quindi, nella fattispecie, nei confronti del socio accomandatario;
c) il ricorrente adiva la Cassazione che, come detto in premessa, non esaminava il merito ma dichiarava nullo l’intero procedimento per difetto di contraddittorio;
d) il ricorrente riassumeva il procedimento davanti la Ctp chiedendo la nullità assoluta dell’atto opposto per violazione dell’articolo 2495 del Codice civile (estinzione della società) nonché la sua carenza di legittimazione passiva tributaria ( quale persona fisica).
Il rigetto del ricorso
I giudici milanesi, in via preliminare ma dirimente ai fini della risoluzione della controversia a favore dell’agenzia delle Entrate, mettono in evidenza come la Cassazione fosse stata tratta in errore in quanto non era stato compiutamente rappresentato lo stato della controversia sulla posizione del socio accomandante cui aveva fatto riferimento l’Ufficio in sede di appello. In sostanza la Ctp ritiene che, se fosse stata adeguatamente evidenziata la già manifestata acquiescenza del socio accomandante all’avviso di accertamento a suo tempo inoltrato, la Suprema corte non avrebbe assunto il provvedimento con il quale ha dichiarato la nullità della sentenza impugnata e dell’intero giudizio per difetto di contraddittorio. Sul punto i giudici ambrosiani rammentano che il litisconsorzio necessario tra soci e società di persone, per orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato, tende a garantire l’unitarietà del procedimento, atteso che l’avviso di accertamento a carico di società di persone produce simultaneamente effetti sui soci. Si viene così a creare un rapporto inscindibile tra soci e società che pretende una gestione processuale unitaria. All’uopo la Suprema Corte ha considerato persino necessaria l’integrazione del contraddittorio nell’ipotesi in cui un socio non sia stato raggiunto da avviso di accertamento ovvero l’operatività ed efficacia di un pronunciamento anche nei confronti del socio passivo che avesse già fatto decorrere i termini per impugnare l’atto emesso a suo carico. Diversamente, chiosano i giudici, nessun effetto potrebbe derivare in capo al socio che avesse adempiuto al pagamento dell’imposta reclamata prima della formazione del giudicato. In sintesi, il giudicato produce effetti anche su atti divenuti definitivi per difetto di impugnazione, ma non per quelli già chiusi per acquiescenza e già regolati con il pagamento delle imposte connesse. Quindi, nel momento in cui la vertenza veniva portata all’attenzione della Suprema corte, non sussisteva alcuna lesione all’integrità del contraddittorio. Così come l’eventuale vizio iniziale risultava sanato per effetto della fuoriuscita dalla controversia del socio accomandante. Sulla base di tali considerazioni la Ctp non ha ritenuto di dover svolgere alcuna azione nel senso richiesto dalla Suprema corte, non essendovi altri soggetti da chiamare in causa per integrare il contraddittorio.
Nel merito, poi, i giudici danno atto dello sforzo compiuto da parte dell’Ufficio accertatore nel determinare con la migliore approssimazione possibile il reddito evaso stante l’assenza di dichiarazione e la mancata evasione del questionario finalizzato all’acquisizione dei documenti contabili. Respingeva ,quindi, altresì le altre eccezioni sulla dedotta violazione del contraddittorio non sussistendone il difetto essendo stata estromessa dalla controversia de quo (sin dall’avvio della stessa) la socia accomandante, la quale aveva prestato acquiescenza e pagato l’importo di sua spettanza in relazione all’avviso di accertamento.
Viene, infine, condiviso il quesito fatto a suo tempo dai giudici d’appello che , con riferimento al dedotto difetto di legittimazione passiva rispetto all’estinzione della società , si domandavano: «A chi avrebbe dovuto rivolgersi, se non a colui che all’epoca era il legale rappresentante e pure socio illimitatamente responsabile?». Tale domanda, secondo i giudici, trova la sua risposta nel principio secondo cui non transitano dalla società estinta al socio i crediti che non siano certi, liquidi ed esigibili, mentre transitano con certezza i debiti e le passività in genere; altrimenti «chiunque, con una tempestiva messa in liquidazione della società, potrebbe sottrarsi alle proprie obbligazioni, frustrando le aspettative legittime nutrite sul suo patrimonio dai creditori».
Ctp Milano, sentenza 5833/01/2019