Adempimenti

L’addio allo spesometro può essere la carta vincente per estendere l’e-fattura

di Raffaele Rizzardi

Il termine «fattura elettronica» comprende attualmente una varietà di tecniche di comunicazione, che vanno dall’immagine Pdf del documento sino al file su tracciato predefinito, sottoscritto digitalmente per non essere più modificato e trasmesso per il tramite del sistema di interscambio gestito dall’amministrazione finanziaria.
Risulta evidente che bisogna riferirsi solo alla seconda configurazione quando si parla del possibile obbligo di fatturazione elettronica generalizzato nei rapporti business to business, cioè tra titolari di partita Iva.

I vantaggi di questo tipo di fattura elettronica sono di tutta evidenza, in primo luogo per il fisco che viene a conoscenza di tutte le fatture che vengono emesse e contestualmente ricevute, senza possibilità che qualcuno le faccia saltare, non solo in vendita, ma anche in acquisto, per non lasciare traccia di un costo che assume rilievo per gli studi di settore o per i futuri indici di affidabilità.

Ma anche i contribuenti sarebbero agevolati da questo passaggio epocale, ovviamente alla condizione che l’amministrazione elimini gli adempimenti che diventeranno assolutamente inutili: registro fatture e registro acquisti, spesometro.
L’unico che potrebbe essere mantenuto, tutto sommato quello meno costoso, riguarda le liquidazioni periodiche, in quanto coincidono con quelle che la direttiva chiama dichiarazioni. E qui la semplificazione consiste nell’eliminare la dichiarazione annuale, che è meramente facoltativa in base alle regole europee.

Tutto bello e tutto facile allora? In primo luogo la nostra amministrazione finanziaria dovrebbe risolvere la contraddizione dello split payment. Basta leggere le autorizzazioni del Consiglio europeo: ci chiedete lo split payment per i rapporti con le amministrazioni pubbliche, destinatarie delle fatture elettroniche, cioè dello strumento di controllo per eccellenza. Cosa ci vuole ad organizzarvi per utilizzare i dati di cui entrate in possesso ogni giorno?

Il consenso europeo allo split aveva già una scadenza con impegno alla non richiesta di proroga, e così quella concessa in seconda battuta. Bisognerebbe quindi che dal giorno in cui venisse generalizzata la fattura elettronica sia posto termine alla scissione dei pagamenti, che ha creato costi rilevanti sia per chi emette le fatture sia per chi le riceve.

Le norme di attuazione non devono però dimenticare che in Italia si aprono mezzo milione di partite Iva all’anno, la cui struttura amministrativa è del tutto inconsistente, con il conseguente onere di rivolgersi ad intermediari che devono essere necessariamente remunerati. Vero è che ci sono strumenti messi a disposizione dall’agenzia delle Entrate, ma siamo sicuri che tutte le nuove partite Iva hanno almeno un personal computer e una connessione internet?

Infine un’osservazione di buon senso. Esiste nella direttiva e nella nostra legge (articolo 21-bis Dpr 633/72) la «fattura semplificata» per le operazioni di importo sino a 100 euro, elevabili a 400, o senza limite di importo per settori da individuare con decreto ministeriale.
È impensabile che queste possano venir emesse con tutti i crismi delle fatture elettroniche.
In attesa di chiarire questo rilevante aspetto, ricordiamoci della fatturina da 10-12 euro per il pranzo di lavoro, che l’esercente non ha registrato analiticamente e che dovrebbe trasformare in un file da trasmettere con lo spesometro. Come pure delle fatture sino a 300 euro (quella del Telepass è di 2,76 euro Iva inclusa) registrate riepilogativamente. L’esonero dallo spesometro per questi documenti è un’esigenza indifferibile e sarebbe anche un’adeguata preparazione alla esclusione dall’obbligo della fattura elettronica dei documenti con cui non si possono sicuramente perpetrare le frodi carosello.

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