Controlli e liti

L’amministratore di fatto non può impugnare l’avviso

di Luca BenigniGianni Rota

L’amministratore di fatto non può ricorrere contro l’accertamento notificato alla società perché gli atti impositivi vanno opposti dall’amministratore di diritto unico titolare dell’interesse ad agire. Può però impugnare in proprio le parti dell’atto impositivo della società a lui pregiudizievoli nonché gli atti di riscossione. Non gli possono essere richieste le sanzioni, per le quali, successivamente alla riforma del 2003, risponde unicamente la società di capitali anche se gestita dall’amministratore di fatto. Così la Ctr Lombardia, sentenza 492/18/2018 (presidente Izzi, relatore Cordola).

L’amministrazione accerta ai fini Ires, Iva ed Irap, il 2011 e 2012 di una Srl in liquidazione che svolgeva commercio di autoveicoli. La società anche se formalmente di proprietà di un terzo unico socio che agiva anche in veste di amministratore unico, è fattualmente di proprietà di altre due persone, che in qualità di amministratori di fatto hanno realizzato una frode dell’Iva comunitaria attraverso l’acquisto diretto di autoveicoli e successivi scambi commerciali con soggetti interposti, senza versamento dell’Iva. L’amministrazione notifica così ai due gli atti impositivi della società richiedendo maggiori imposte per oltre 670mila euro e sanzioni per oltre 160mila.

I due contribuenti ricorrono. Gli amministratori delle Srl, in virtù dell’autonomia patrimoniale della società, non rispondono delle sue obbligazioni tributarie e tanto meno per le sanzioni, dal momento che è inapplicabile il regime della responsabilità solidale.

L’amministrazione resiste. Il Fisco, in particolare, sostiene che gli amministratori di fatto non sono legittimati ad opporre l’atto impositivo, che è dunque diventato definitivo. Per le sanzioni sussiste la loro responsabilità solidale in quanto l’esimente specifica si applica solo nei casi di colpa lieve dell’amministratore mentre in caso di colpa grave o dolo persiste l’obbligazione solidale dell’autore della violazione che ha tratto vantaggio dalla violazione sanzionata.

La Ctp dà ragione ai contribuenti ma la Ctr la pensa diversamente e accoglie l’appello anche se solo per la maggiore imposta dovuta. Questi i princìpi affermati:

l’amministratore di fatto di una società di capitali non è legittimato nel proporre il ricorso per gli atti notificati alla società, che pertanto si rendono definitivi se non opposti tempestivamente dall’amministratore di diritto. Infatti per le persone giuridiche gli atti devono sempre essere notificati all’amministratore di diritto e mai, ancorché eventualmente le gestisca, all’amministratore di fatto, che essendo carente di interesse ad agire può opporre in proprio in giudizio le sole parti dell’atto impositivo notificato alla società a lui pregiudizievoli e i successivi atti di riscossione a lui notificati;

l’amministratore di fatto di una società di capitali a cui sia riconducibile il rapporto tributario risponde delle sanzioni soltanto se irrogate prima della vigenza del Dl 269/2003. Grazie all’autonomia patrimoniale perfetta le sanzioni riferite al rapporto tributario sono a carico della persona giuridica anche se gestita da un amministratore di fatto, non potendo neppure sussistere il concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale.

Ctr Lombardia, sentenza 492/18/2018

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