Contabilità

L’atto di straordinaria amministrazione incide sulla struttura dell’impresa

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di Daniele Stanzione


La distinzione fra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nell’esercizio dell’impresa non va condotta avendo a riferimento il diritto generale delle persone fisiche, per il quale l’atto esorbita dall’ordinaria amministrazione laddove esso si concretizzi in operazioni dispositive o comunque non meramente conservative, bensì «considerando che l’esercizio dell’impresa - in forma o meno associata – presuppone necessariamente il compimento di una serie continua di atti di investimento, acquisto, cessione e finanziamento», dovendosi quindi tener conto della «relazione con cui l’atto si pone con la gestione normale di un’impresa delle dimensioni di quella di specie, tale per cui devono reputarsi atti di straordinaria amministrazione solo quelli che modificano la struttura economico-organizzativa dell’impresa». È questo il principio recentemente affermato dal Tribunale di Milano, con la sentenza 5660/2018 del 19 maggio, valorizzando la intrinseca dinamicità dell’attività di impresa e del mercato in generale.

Più precisamente, nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale di Milano una società per azioni, di non piccole dimensioni, operante anche sui mercati internazionali e solita a ricorrere a normali strumenti di copertura sui rischi di variazione dei tassi, esperiva azione sociale di responsabilità contro il suo ex amministratore delegato addebitandogli di aver sottoscritto, al di fuori dei poteri di ordinaria amministrazione concessigli, alcuni contratti derivati che si erano rivelati forieri di ingenti danni a carico della società amministrata e in relazione ai quali la società stessa domandava pertanto risarcimento. Di contro, l’amministratore convenuto eccepiva che la sottoscrizione dei contratti in questione fosse stata debitamente autorizzata da tutti i soci e che, in ogni caso, egli era dotato di idonei poteri per procedere alla stipula dei predetti contratti derivati, peraltro frutto di un’iniziativa dal carattere squisitamente imprenditoriale e come tale, secondo il convenuto, non sindacabile in sede giudiziale.

All’esito del complessivo esame della controversia, il Tribunale di Milano, nello statuire il principio di cui sopra, ha osservato che i contratti finanziari sottoscritti dal convenuto non avrebbero comportato il travalicamento del suo indiscusso ruolo di direttore finanziario della società attrice nè integrato dunque un atto di straordinaria amministrazione nel senso restrittivo sopra indicato, sebbene la mancata produzione integrale dei contratti in questione da parte dell’attrice abbia precluso al Tribunale la possibilità di apprezzare specificamente il ritenuto carattere oggettivamente «straordinario» delle operazioni finanziarie poste in essere dall’amministratore (e quindi, in ipotesi, la funzione speculativa piuttosto che di copertura delle richiamate operazioni, con conseguente eccedenza dai poteri di ordinaria amministrazione) nonché «la dedotta violazione dei suoi doveri legali di diligenza e prudenza alla luce anche del modo in cui quegli stessi contratti e le relative operazione di copertura/stabilizzazione del rischio sui tassi gli erano stati presentati dalla banca proponente».

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