Controlli e liti

L’esistenza dell’ipoteca non blocca il sequestro preventivo dell’albergo

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di Patrizia Maciocchi

Via libera al sequestro preventivo del complesso alberghiero, nell’ambito di un procedimento per bancarotta, anche se ipotecato e il valore supera di molto i proventi dei reati fallimentari ipotizzati.

La Cassazione ( sentenza n.106 ) respinge il ricorso contro la decisione del Tribunale di disporre la misura preventiva, riformando la decisione contraria presa dal Giudice per le indagini preliminari. I giudici del riesame si erano “dissociati” dal Gip e avevano accolto la tesi della pubblica accusa che aveva chiesto il sequestro preventivo del complesso alberghiero, la quale comprendeva anche altre due attività svolte da società a responsabilità limitata. Alla base della decisione la supposta validità degli indizi a carico degli indagati per bancarotta e l’inerenza dei beni ai reati. In più era considerata reale l’esigenza di evitare un ritardo nell’adottare la misura, per scongiurare il rischio del danno irreparabile che poteva venire dalla vendita dell’immobile. Circostanze che il Gip non aveva ravvisato per una serie di elementi che fanno valere gli stessi indagati.

Ad avviso della difesa la misura era stata adottata illegittimamente in assenza dell’esigenza cautelare mancando due requisiti: l’attualità e la concretezza del pericolo.

Sul bene sequestrato, indivisibile, gravava, infatti, un’ipoteca e un pegno sulle quote sociali. In più era non commerciabile per una duplice ragione: il sensibile valore economico e l’assenza di volontà di vendere. Era evidente dunque il vizio di motivazione, imposto dall’articolo 275 del codice di procedura penale sui criteri di scelta delle misure, dato che il Tribunale non aveva indicato nessun fatto che “deponesse” per la volontà di cedere i bene sequestrato e assicurarsi i proventi.

Per finire, il collegio non aveva specificato quali erano i beni sottoposti al vincolo, con il risultato di aver messo sotto “tutela” immobili per un valore di gran lunga superiore all’importo considerato il prodotto dell’ipotizzata bancarotta.

Per la Suprema corte però l’operato del Tribunale è corretto. I giudici del riesame hanno tenuto conto delle ragioni che avevano indotto il Gip ad escludere il rischio di vendita, ma le hanno contestate.

Nella motivazione era, infatti, specificata la possibilità di fare alienazioni simulate o a costo ridotto rispetto al valore effettivo. I dati forniti nel ricorso non bastano in astratto, ad escludere la commercialità dell’immobile che può essere ceduto per intero anche se ipotecato. E, quanto al pegno, grava su porzioni di quote «di misura tale da non impedire il formarsi della maggioranza richiesta per decidere la vendita». Il sequestro messo in atto rientra nel raggio d’azione dell’articolo 321 comma 1 del codice di rito penale. È d è stato disposto per impedire un pregiudizio ai creditori della fallita e per evitare il protrarsi delle conseguenze dannose. Nessuna violazione anche rispetto al valore del bene di molto superiore ai supposti proventi, in quanto indivisibile. Respinta anche la richiesta di gestire l’azienda alberghiera: un’istanza in contrasto con l’esigenza di evitare che i proventi della gestione possano essere sottratti, visto che proprietari della società gerente sono proprio gli indagati.

La sentenza n.106/18 della Cassazione

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