L’euroritenuta non è rimborsabile dopo aver utilizzato la voluntary
No al rimborso dopo l’adesione alla procedura: così afferma la Ctp Milano con la sentenza 421/2020
No al rimborso dell’euroritenuta dopo l’adesione alla voluntary disclosure. È questa la decisione della Ctp Milano con la sentenza n. 421/2020 (presidente ed estensore Pilello), che ha il pregio di fare chiarezza sulla questione spostando l’attenzione non già sul profilo della duplicazione di tassazione quanto, piuttosto, su quello soggettivo del contribuente in relazione alla propria manifestazione di volontà.
Il caso concerneva l’impugnazione da parte di una contribuente del silenzio rifiuto serbato dall’amministrazione finanziaria rispetto all’istanza di rimborso dell’euroritenuta subita per alcune annualità; la ricorrente evidenziava di aver aderito alla procedura di collaborazione volontaria (articolo 1, commi 1 e 2, della legge 186/2014) su attività finanziarie detenute presso una banca svizzera , e presentava documentazione per dare evidenza delle ritenute subite che non erano state ammesse in deduzione né riconosciute come dovute dall’agenzia delle Entrate, nonostante la documentazione prodotta e la dimostrazione data di duplice tassazione dello stesso reddito.
Secondo l’amministrazione finanziaria la contribuente aveva già definito la propria posizione per effetto dell’adesione integrale agli inviti dell’ufficio nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria avvenuta tramite versamento integrale delle somme liquidate; ciò aveva comportato la definizione della posizione fiscale per gli anni interessati.
I giudici per dirimere la controversia distinguono euroritenuta e voluntary disclosure. La ratio legis della prima era di garantire che i redditi da risparmio venissero tassati secondo la legislazione dello Stato di residenza dei soggetti beneficiari, anche se corrisposti in un altro Stato membro. La ratio legis della seconda, invece, era di stimolare, attraverso una riduzione delle sanzioni, i contribuenti che detenevano illecitamente patrimoni all’estero a regolarizzare la propria posizione.
Per il collegio i due momenti impositivi hanno natura diversa e vanno valutati separatamente; unico elemento in comune è la circostanza che discendono da due autonome decisioni della ricorrente, ovvero: a) quando ha scelto di mantenere l’anonimato e b) quando ha scelto di regolarizzare la propria posizione usufruendo delle agevolazioni concesse dalla legge 186/2014, norma che ha sostanzialmente riproposto una sorta di “accertamento con adesione”, per quanto il procedimento sia stato innescato dalla stessa contribuente. Per questa ragione, chiosano i giudici, una volta perfezionata la procedura di voluntary disclosure con il pagamento dell’imposta liquidata dall’ufficio, non vi è possibilità, né per il contribuente di impugnare, né per l’ufficio di modificare le risultanze di detta procedura.
I giudici dunque non ritengono la fattispecie esaminata inquadrabile in un’ipotesi di duplice tassazione di uno stesso reddito quanto, piuttosto, quale la risultante di effetti ineluttabili di scelte assunte dalla ricorrente in due momenti ben distinti, per quanto originati da un unico fenomeno.