Imposte

L’Ici non pagata dalla Chiesa va recuperata dall’Italia

di Gianni Trovati

Gli inciampi organizzativi di una pubblica amministrazione non sono una ragione sufficiente per non recuperare gli aiuti di Stato illegittimi. Con questa motivazione, nelle sue conclusioni su tre cause avviate da una scuola privata laica e dal titolare di un bed & breakfast italiani, l’Avvocato generale della Corte Ue ha chiesto ai giudici di aprire un altro capitolo nella storia infinita dei vecchi sconti Ici agli enti ecclesiastici; e di costringere l’Italia a recuperare il gettito che si è perduto fra 2006 e 2011 grazie alle esenzioni poi dichiarate illegittime dalla commissione.

Con la sua proposta, l’Avvocato generale chiede di ribaltare le conclusioni a cui era arrivato il Tribunale Ue nel 2016, e le decisioni della commissione, che avevano aderito all’idea di “scordare il passato”. In pratica gli sconti generalizzati agli enti ecclesiastici, che salvavano dall’Ici anche gli immobili utilizzati per servizi scolastici o alberghieri a tariffa e quindi con modalità commerciali, sono stati bocciati dalla commissione Ue come aiuti illegittimi, perché davano un vantaggio concorrenziale rispetto alle scuole e agli alberghi soggetti all’imposta comunale. Dal 2012, con l’Imu, il problema è stato superato grazie al complicato meccanismo che sulla base delle tariffe applicate distingue gli spazi utilizzati in modo commerciale, e quindi paganti, a quelli che ospitano attività «non commerciali» e quindi evitano l’imposta. Il sistema è già complicato per il presente, come ha mostrato la sua lunga gestazione attuativa; e la ricostruzione ex post della geografia degli immobili commerciali, a cui chiedere l’Ici arretrata, era subito apparsa di una difficoltà tale da convincere anche i giudici e la commissione Ue a lasciar perdere.

Il Tribunale, però, nel 2016 aveva per la prima volta giudicato appellabili le decisioni della commissione in base all’articolo 263, comma 4 del Trattato sul funzionamento della Ue, aprendo la porta al giudizio arrivato ieri alle conclusioni dell’Avvocato generale che possono riaprire i giochi. La vecchia esenzione a largo raggio, è vero, ha portato Stato e Comuni a disinteressarsi di un censimento puntuale delle attività ospitate dagli immobili salvati dall’Ici, ma per l’Avvocato generale l’assenza di banche dati puntuali e più in generale i problemi organizzativi di un’amministrazione pubblica non sono una ragione sufficiente a permettere che un aiuto illegittimo passi in cavalleria. Se la Corte Ue sarà d’accordo, si aprirà l’ennesima sfida impossibile per il nostro Fisco.

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