Controlli e liti

L’imminente decadenza non giustifica il taglio ai tempi per il contraddittorio

Il 2021 si presenta anomalo per almeno due ragioni. Innanzitutto, per le restrizioni Covid, c’è stata una riduzione delle verifiche; in secondo luogo, a fine anno non decadrà alcun periodo di imposta

di Laura Ambrosi

Secondo un rituale che si ripete ogni anno, con la fine di ottobre di regola si assiste a una vera e propria corsa dei verificatori per la consegna dei verbali di constatazione relativi a verifiche presso il contribuente. Oltre il 31 ottobre, infatti, non si potrebbe rispettare il termine di 60 giorni previsto per l’emissione degli accertamenti, finalizzato al contraddittorio preventivo, con la conseguente nullità degli atti impositivi emessi. Da questo punto di vista, il 2021 si presenta anomalo per almeno due ragioni. Innanzitutto, per le restrizioni Covid, c’è stata una riduzione delle verifiche: sono stati ridotti gli accessi solo ai casi particolarmente gravi o di rilevanza penale.

In secondo luogo, a fine anno non decadrà alcun periodo di imposta: in conseguenza della modifica normativa, la decadenza interviene dopo il quinto anno successivo e pertanto se il 2015 (ultimo periodo di imposta ante modifica) è decaduto nel 2020, il 2016 (primo periodo di imposta post modifica) decadrà nel 2022. Nel 2021 potrebbe così decadere solo il 2012 in presenza di raddoppio per violazioni penali e il 2015 se la dichiarazione è stata omessa.

In tale contesto, va ricordato che l’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, prevede che l’ufficio, salvo motivi di urgenza, debba attendere 60 giorni dal termine del controllo prima di emettere l’atto impositivo onde consentire al contribuente di presentare eventuali memorie difensive. La Cassazione con una recente ordinanza (n. 30784 depositata il 29 ottobre) ha riepilogato le valide ragioni di urgenza. Innanzitutto, la deroga è possibile solo in presenza di elementi che esulano dall’ente impositore e dalla sua diretta responsabilità. Non rappresenta pertanto una valida ragione di urgenza l’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa, poiché conseguenza solo dell’inerzia dell’Ufficio.

Tra le circostanze “valide” rientrano invece, la scoperta o conoscenza di nuovi fatti emersi nel corso di indagini fiscali (Cass. 3142/2014) o penali svolte nei confronti di terzi (Cass. 8397/2021), il grave stato di insolvenza del contribuente (Cass. 16478/2014) o le reiterate condotte penali tributarie (Cass. 2587/2014).

In ogni caso, poi, i giudici di legittimità hanno precisato che le ragioni di urgenza devono essere specificamente riferite al contribuente ed alla pretesa impositiva per l’anno in contestazione. Va da sé quindi che eventuali ragioni riferite a diversi periodi di imposta non possono derogare il termine di 60 giorni.

Infine, non è necessario che tali ragioni siano enunciate nell’atto, poiché è sufficiente che sussistano e l’Ufficio le provi in giudizio.

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