Contabilità

L’impedito controllo riguarda la gestione

di Patrizia Maciocchi

Nessun reato di impedito controllo a carico dell’amministratore della società che non fornisce tutta la documentazione contabile al socio accomandante, per determinare la liquidazione della sua quota, se il suo rifiuto non provoca alcun danno al socio. La Corte di cassazione, con la sentenza 39443, accoglie il ricorso dell’amministratore di una società in accomandita semplice, condannato in appello per il reato di impedito controllo, previsto dall’articolo 2625 del Codice civile.
Il ricorrente, socio accomandante e amministratore, era stato querelato con l’accusa di non aver messo a disposizione del socio la documentazione che questo gli aveva richiesto per controllare i risultati della gestione e, soprattutto, per determinare la corretta entità della quota che gli spettava dopo che aveva esercitato il suo diritto di recesso.

Il socio “uscente” era stato liquidato con circa 54mila euro a fronte di una richiesta iniziale del diretto interessato di 700mila euro: una somma scesa a poco più di 271mila euro dopo una stima tecnica formulata nel corso del giudizio civile. La Corte d’Appello aveva condannato l’amministratore per il reato contemplato dal Codice civile che, con il comma 2, prevede la reclusione fino a un anno se la condotta ha provocato un danno in caso di querela della persona offesa. Per la Corte di merito il danno c’era stato ed era quantificabile nella differenza tra la “liquidazione” ottenuta e quella realmente spettante che il socio sarebbe stato in grado di determinare con precisione se avesse avuto accesso alla documentazione richiesta. Per i giudici di seconda istanza era, dunque, provato il nesso, richiesto dalla norma per far scattare la punibilità, tra condotta contestata e pregiudizio prodotto. Di parere diverso la Cassazione, che assolve l’amministratore, il cui reato era comunque prescritto, con la formula «il fatto non sussiste».

La sentenza
La Suprema corte chiarisce che la norma di tutela dell’impedito controllo non assicura la partecipazione del socio e l’esercizio dei relativi diritti riguardo a tutti gli aspetti della vita societaria, ma sanziona solo l’impedimento alle funzioni ispettive sulla regolarità di gestione. Inoltre la norma richiede anche una condotta attiva dell’amministratore, come la falsificazione o la distruzione dei documenti, e non solo omissiva. Il rifiuto di fornire tutta la documentazione non basta senza la prova di un’alterazione dei dati. Il danno poi non era derivato dalla mancata consultazione, ma era semmai addebitabile alla conflittualità tra le parti che aveva impedito una liquidazione consensuale e tempestiva. La divergenza di importi è dipesa da una scelta della società, amministrata sì dall’imputato, ma comunque dotata di propria personalità giuridica. In ogni caso il rifiuto dell’amministratore di concordare sull’importo della quota non poteva essere superato solo prendendo visione dei dati della società.

Corte di cassazione, sentenza n. 39443/2017

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