L’impresa in concordato evita le penalità se ferma la rateazione
Secondo la Ctp di Venezia 711/2/2020 è illegittimo l’aggravio del 30% per attività inibite
In caso di rateazione in corso all’atto dell’istanza di concordato preventivo, ovvero di ricezione di un “avviso bonario” nelle more del procedimento, la debitrice non incorre nelle sanzioni in misura piena del 30% qualora non prosegua i pagamenti rateali oppure non eserciti immediatamente l’opzione prevista per l’accesso all’istituto agevolativo. A dirlo è la Ctp Venezia 711/2/2020 (presidente Almandi, relatore Pinzello) che, accogliendo i ricorsi promossi dal contribuente, ha evidenziato come il legislatore abbia voluto salvaguardare nella particolare procedura del concordato preventivo (caratterizzata dalla predisposizione di un piano da parte della società in crisi per appianarne i debiti ed evitare il fallimento) l’accesso all’agevolazione di cui all’articolo 2, comma 2 del Dlgs 462/97, che consente la riduzione delle sanzioni, per imposte dichiarate e non versate, dal 30% al 10% in caso di pagamento o di opzione a rate nel termine previsto dall’avviso.
Infatti, dalla presentazione del ricorso per concordato preventivo, l’impresa debitrice non può effettuare pagamenti di crediti sorti anteriormente, dovendo attendere l’omologazione del progetto concordatario che andrà a proporre al ceto creditorio. Operando al riguardo l’articolo 168 della legge fallimentare, che inibisce la riscossione coattiva dei crediti, devono ritenersi illegittime:
l’iscrizione a ruolo straordinario dei tributi (ex articolo 11, comma 2, del Dpr 602/73), perché la procedura di concordato preventivo non va considerata tentativo di sottrarre sostanze patrimoniali, in quanto espressione della volontà di predisporre un piano che consenta di evitare il fallimento;
la notifica di cartella esattoriale, dal momento che, non potendosi esercitare l’attività esattiva nella fase antecedente, risulterebbe ingiustificato prelievo tributario (il pagamento è inesigibile fino all’omologa del concordato).
In conclusione, secondo i giudici, l’aggravio di sanzioni piene al 30% addebitate in pendenza di concordato, dei relativi interessi e degli aggi del concessionario - afferenti un’attività esattiva di fatto inibita - non sono legittimi. Il mancato pagamento, infatti, non deriva dal rifiuto ad adempiere, quanto piuttosto dall’osservanza dell’articolo 168 della legge fallimentare, che impedisce alla società di pagare i crediti concorsuali pena la commissione di un illecito per violazione della par condicio creditorum. E in questo contesto l’emissione e la notifica della cartella sono superflue per la tutela del credito erariale.
In deroga al regime ordinario, l’articolo 25, comma 1-bis del Dpr 602/73 (come recentemente modificato), in caso di concordato preventivo prevede che la potestà di esazione dei crediti sorti anteriormente alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione, sia esercitabile fino al terzo anno successivo alla pubblicazione del decreto di revoca o alla mancata approvazione del concordato, ovvero alla pubblicazione della sentenza che ne dichiara l’annullamento o la risoluzione. E l’Agenzia può notificare la cartella esattoriale all’esito di uno di questi provvedimenti giurisdizionali. Pertanto, il contribuente può avvalersi della riduzione delle sanzioni se esegue i pagamenti nei tempi previsti dal piano dopo la fase di omologazione.