Controlli e liti

L’induttivo puro esclude il raddoppio dei termini

di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito

L’accertamento induttivo puro, fondato su presunzioni semplici, esclude il ricorso al raddoppio dei termini, perché l’obbligo di denuncia (articolo 331 del Codice penale) sussiste solo in presenza di indizi di reato aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza. Inoltre, nel contesto di una ripresa effettuata sul socio di una società a ristretta base azionaria, a titolo di utili distribuiti extra-contabilmente, la definitività dell’accertamento societario non impedisce al socio di dimostrare che il reddito contestato alla società non corrisponde a quello reale. Sono questi i principi affermati dalla Ctp Parma 412/3/2017 (presidente Mari, relatore Bandini).

Nel 2013 vengono emessi due avvisi di accertamento nei confronti del socio di una Srl, per gli anni 2007 e 2009. Gli vengono imputati, a titolo di utili distribuiti extra-contabilmente, maggiori redditi derivanti da una rettifica effettuata nei confronti della società tramite accertamento induttivo, conseguente all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

La società non ha impugnato gli avvisi emessi nei propri confronti. Il socio, invece, impugna gli avvisi “personali”: con riferimento al 2007 lamenta la tardività dell’azione dell’ufficio (che sarebbe dovuta avvenire entro il 31 dicembre 2012); in relazione al 2009, documenta che nell’accertamento societario l’ufficio non ha tenuto conto di una moltitudine di costi inerenti (costi del personale, contributi previdenziali, spese per fornitori, e così via).

L’amministrazione replica: in relazione al 2007, è stata presentata denuncia penale per dichiarazione infedele, pertanto si applica il raddoppio dei termini; in relazione al 2009, l’accertamento societario è divenuto definitivo per mancata impugnazione, per cui nulla può essere ora opposto dal socio.

Entrambe le motivazioni del contribuente vengono accolte dai giudici. La Ctp ritiene illegittimo il ricorso dell’ufficio al raddoppio dei termini per l’anno 2007: la notizia di reato che innesca il raddoppio può sì derivare da un ragionamento basato su presunzioni, purché queste siano gravi, precise e concordanti, coerentemente con i criteri che presiedono alla valutazione della prova nel processo penale (articolo 192 Codice di procedura penale). Nel caso in esame questi requisiti non si riscontrano, perché l’accertamento richiama l’articolo 39, comma 2, Dpr 600/73 (accertamento induttivo puro), che si basa su presunzioni semplici, così come l’ipotizzata distribuzione dell’utile al socio fondata sulla sola ristretta base societaria.

Per quanto riguarda il 2009, la Ctp richiama la sentenza 170/3/2017 e ribadisce che il socio di società di capitali a ristretta base sociale può contrastare la legittimità dell’accertamento “personale” dimostrando:

sia di non avere mai percepito gli utili extra-contabili;

sia che il reddito ricostruito in capo alla società non corrisponde a quello effettivo.

Nessuno dei due profili può essere ridimensionato, nemmeno in caso di definitività dell’accertamento societario, nel rispetto del diritto di difesa del contribuente.

Così i giudici ricostruiscono il reddito societario alla luce dei costi, originariamente non conteggiati, di cui il socio ha fornito prova.

Ctp Parma 412/3/2017

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