Professione

L’Italia guarda al testo della «Proposta Ue» ma restano molti dubbi

di Giovanni Gallucci e Maricla Pennesi

L’imposta sui servizi digitali (cosiddetta “web-tax”) introdotta dall’articolo 1, commi da 35 a 50, della legge n. 145/2018 (“bilancio 2019”), ispirata alla proposta di direttiva Ue Com(2018) 148 final del 21 marzo 2018 (“Proposta Ue”), risulta ancora incompleta. Rispetto al testo della Proposta Ue, ad esempio, la novella è priva di definizioni cruciali per la delimitazione dell’ambito applicativo, quali, ad esempio, quella di “interfaccia digitale” e di “utente”.

In attesa dei provvedimenti attuativi che, presumibilmente, colmeranno tali lacune, al momento ci limitiamo ad osservare che, stante l’analogia del testo normativo domestico con quello della Proposta Ue, parrebbe logico che dalla stessa ne siano mutuate anche le definizioni.

Al riguardo, quanto all’interfaccia digitale, la Proposta Ue la definisce come «qualsiasi software, compresi i siti web o parte di essi e le applicazioni, anche mobili, accessibili agli utenti». La mancanza di una tale definizione nel testo normativo che ci interessa potrebbe ingenerare dubbi circa la corretta identificazione dei “veicoli” digitali atti a generare ricavi tassabili. Inoltre, analogamente a quanto previsto dalla Proposta Ue, è verosimile attendersi che da tale definizione siano escluse talune interfacce digitali quali, ad esempio, quelle per la messa a disposizione di contenuti digitali o dei servizi di comunicazione (giornali on-line).

Altrettanto importante risulta la definizione di “utente”, in quanto, se è fuor di dubbio che la stessa include il consumatore finale, non è altrettanto pacifico che vi rientrino anche le imprese. Al riguardo, si noti che la Proposta Ue definisce come utente «qualsiasi persona o impresa». Sul piano sostanziale, invece, andrebbe puntualizzato quale sia il ricavo tassabile in relazione a ciascuna fattispecie di ricavo digitale. Ad esempio, in merito alla «veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia», bisognerebbe chiarire se sia tassabile il provento lordo del publisher o se si debba tener conto anche dei proventi realizzati lungo la catena del valore, ad esempio, dalle concessionarie di pubblicità on-line.

Circa i ricavi derivanti dalla «messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi», occorrerebbe puntualizzare se tra le interfacce digitali diverse da quelle che facilitano le cessioni di beni o prestazioni di servizi direttamente tra gli utenti, siano inclusi anche i siti web per l’online betting & gaming, essendo un settore a cui sono già dedicati sia imposte e prelievi tributari specifici per la raccolta delle giocate sul territorio dello Stato, sia una presunzione legale di stabile organizzazione occulta sul territorio Italiano (legge 208/2015, commi 927-931).

In merito agli aspetti sanzionatori, invece, occorrerebbe chiarire se l’applicazione estensiva alla web-tax delle disposizioni in materia di Iva si riferisca anche al sanzionamento delle fattispecie delittuose di cui al Dlgs 74/2000.

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