L’ufficio è chiamato a una rettifica puntuale sui costi inesistenti
L’amministrazione finanziaria deve sempre fornire validi elementi indiziari se ritiene che i costi sostenuti siano oggettivamente inesistenti e quindi indeducibili, altrimenti la ripresa fiscale è nulla. Affitto e servizi offerti dall’immobiliare riducono l’imponibile perché inerenti l’attività e non rileva il fatto che il professionista sia titolare di quota della stesa società. Poi il pagamento della prestazione resa dal coniuge avvocato è sempre deducibile perché avvenuto in un rapporto di lavoro autonomo senza subordinazione. Così la sentenza 401/2/2016 della Ctp Treviso (presidente Luca, relatore Campion).
Un dottore commercialista stipula per l’esercizio della propria attività un contratto con un’immobiliare, di cui è socio assieme alla moglie avvocato. Esso prevede l’utilizzo di immobile uso studio, software gestionale, servizi amministrativi, pulizia locali etc.., dietro corrispettivo di una somma pari al venti per cento del fatturato del professionista. L’uomo, poi, si avvale della consulenza di professionisti esterni, tra cui la moglie avvocato alla quale paga regolare parcella.
L’amministrazione controlla la contabilità del professionista per l’anno 2010 e gli contesta la deducibilità di alcuni costi ritenuti oggettivamente inesistenti per oltre 278mila euro così scomposti:
a) oltre 200mila per servizi fatturate dalla immobiliare, perché l’uomo ne è socio;
b) 78mila euro per servizi, perché resi dalla moglie avvocato.
A parere dell’Erario il professionista ottiene così un indebito vantaggio fiscale. Il suo reddito, senza tali spese, sarebbe assoggettato ad Irpef con aliquota del 43 per cento in luogo di quello della immobiliare che è assoggettato ad Ires del 27,5 per cento.
Il contenzioso
L’uomo ricorre in Ctp. La ripresa fatta dall’erario è generica e priva di indizi concreti. In particolare sono inerenti:
1) le spese fatturate dalla immobiliare, perché funzionali alla generazione di compensi professionali;
2) le parcelle pagate alla moglie avvocato, quindi lavoratore autonomo, titolare di partita Iva.
Per l’amministrazione i costi fatturati dalla società non sono veritieri in quanto l’uomo vi partecipa con la moglie. Poi le parcelle pagate al coniuge avvocato sono non deducibili, trattandosi di somme pagate al coniuge da riprendere secondo la normativa del reddito professionale che prevede l’indeducibilità del costi sostenuti per il coniuge (articolo 54, comma 6-bis, Tuir).
La decisione
Ma la Ctp accoglie il ricorso introduttivo del professionista. Gli oltre 200mila euro di spese sostenute per i servizi della immobiliare, quali affitto, utenze, uso del software, etc., sono funzionali all’attività svolta, e quindi sono deducibili. Inoltre i 78mila euro di prestazioni professionali non rientrano nel campo applicativo del comma 6-bis dell’articolo 54 del Tuir, perché tale norma si riferisce al solo caso di lavoro subordinato.
Tale norma è stata abrogata dall’articolo 230-ter del Codice civile (introdotto dall’articolo 1, comma 46, della legge 76/2016) in base al quale spettano al coniuge convivente gli stessi diritti, e quindi gli utili, propri dell’impresa familiare salvo il caso di lavoro subordinato.
CtpTreviso, sentenza 401/02/2016