Imposte

La condanna da «231» blocca l’accesso al bonus beni strumentali

Fruizione preclusa anche con Durc irregolare pena sanzione del 30%

di Roberto Lenzi

Gli investimenti realizzati nel periodo di condanna non sono ammissibili al credito d’imposta, le aziende con Durc irregolare non possono fruirne pena sanzione del 30 per cento. La circolare 9/E/2021 chiarisce finalmente gli orizzonti temporali delle preclusioni per le imprese incappate in condanne nell’ambito del Dlgs 231/2001 e per le imprese con problemi di irregolarità sul Documento unico di regolarità contributiva. In sostanza, l’interdizione derivante dal Dlgs 231/2001, considerando che si applica per una durata prestabilita, genera un analogo periodo in cui tutti gli investimenti effettuati, tenendo come riferimento il momento rilevante, risultano inammissibili all’agevolazione. Il Durc irregolare, invece, non consente di attuare la fruizione del credito d’imposta spettante, fino al momento della regolarizzazione.

Costi esclusi se le sanzioni interdittive sono in essere

L’applicazione delle sanzioni interdittive previste dal Dlgs 231/2001 prevede un limite minimo e un limite massimo alla durata delle connesse limitazioni. L’agenzia delle Entrate, partendo da questo assunto, ritiene, per motivi di ordine logico-sistematico, che l’esclusione soggettiva dal credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi corrisponda al medesimo arco temporale interessato dall’applicazione della relativa sanzione interdittiva. La circolare 9/E/2021 chiarisce che l’agenzia delle Entrate classificherà come irrilevanti agli effetti della disciplina agevolativa gli investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nell’arco temporale in questione; di conseguenza, i relativi costi saranno esclusi dalla base di calcolo del credito d’imposta. È la stessa Agenzia a fornire un esempio: nel caso di un “periodo di interdizione” di 6 mesi che va dal 1° marzo 2021 al 1° settembre 2021, l’impresa non potrà fruire del credito d’imposta relativamente ai costi degli investimenti effettuati nel medesimo periodo temporale, in base al momento di effettuazione degli investimenti fissato dalle regole generali della competenza previste dal Tuir.

Fruizione vietata se il Durc è irregolare

Il Durc irregolare impedisce la fruizione del credito d’imposta. Fermo restando il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, l’impresa è legittimata alla fruizione del credito d’imposta qualora, alla data di utilizzo in compensazione, abbia correttamente adempiuto agli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori. La prova del corretto adempimento degli obblighi contributivi e previdenziali richiesti dalla norma è costituita dalla disponibilità del Documento unico di regolarità contributiva (Durc) in corso di validità al momento della fruizione del credito d’imposta. Se l’agevolazione viene utilizzata in più volte, è necessario che il predetto documento risulti in corso di validità all’atto di ciascun utilizzo in compensazione e ciò tanto nel caso in cui il contribuente abbia provveduto a richiederlo e l’abbia ottenuto, tanto nel caso in cui, pur non avendolo richiesto, l’avrebbe ottenuto perché in regola con gli obblighi contributivi. Di contro, il Durc irregolare, senza che rilevi l’averlo o meno richiesto, preclude la fruizione del credito d’imposta spettante. Nel caso in cui l’impresa utilizzi comunque il credito in presenza di un Durc irregolare, tale utilizzo dovrà ritenersi indebito, atteso che, come sopra specificato, la regolarità contributiva costituisce una condizione necessaria ai fini della legittima fruizione del credito d’imposta maturato. Il rischio per l’impresa è elevato poiché, in tale evenienza, nei confronti del soggetto beneficiario, oltre all’obbligo di versamento di quanto indebitamente compensato, comprensivo di interessi, troverà applicazione la sanzione all’articolo 13, comma 4, del Dlgs 471/1997, prevista per l’utilizzo del credito di imposta «in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti», pari al trenta per cento del credito utilizzato.

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