Controlli e liti

La fattura generica ribalta la prova sul contribuente

Se la descrizione è vaga è necessario dimostrare l'effettività dell'operazione

di Rosanna Acierno

Nel caso di contestazioni di costi inesistenti spetta sempre al contribuente dimostrarne l’effettività se l’oggetto della fattura è generico. Tuttavia, la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione è sempre idonea a interrompere i termini per l’impugnazione, a prescindere dalla laconicità degli elementi addotti dal contribuente. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctr del Lazio con la sentenza 1362/13/2020 (presidente Pannullo, relatore Miceli).

La pronuncia trae origine da quattro avvisi di accertamento relativi a Ires, Irap e Iva per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e 2009 notificati nei confronti di una Srl a seguito della deduzione di costi ritenuti dagli accertatori oggettivamente inesistenti in quanto riferibili a opere dell’ingegno rese dai soci della medesima società e genericamente descritte in fattura. La società accertata li impugnava tempestivamente dinanzi alla Ctp di Roma che, riuniti i ricorsi, li accoglieva, ritenendo che spettasse all’ufficio fornire la prova che le operazioni indicate non erano mai state poste in essere.

La sentenza veniva così impugnata in appello dall’ufficio: trattandosi di prestazioni indicate in fattura genericamente come «cessione di opere dell’ingegno» da parte dei soci e mancando la documentazione extra contabile a riprova della effettività delle prestazioni, secondo l’ufficio incombe sul contribuente l’onere di provare l’esistenza delle operazioni.

Inoltre, l’ufficio eccepiva l’illegittimità della sentenza per non aver il giudice di primo grado dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla società oltre il termine di 60 giorni, considerata la pretestuosità dell’istanza di accertamento con adesione a causa della mancata indicazione di elementi che avrebbero potuto indurre gli accertatori a rivedere il proprio operato.

Nell’accogliere l’appello, i giudici hanno precisato che deve considerarsi irregolare la fattura che riporti una descrizione vaga e indefinita che non consenta di identificare la prestazione. In tal caso l’onere di provare l’effettività delle operazioni contestate ricade sul contribuente che ha dedotto il costo, considerato che la genericità della descrizione e la mancanza di ogni altra documentazione di supporto impediscono di ritenere esistente l'operazione e legittima la deduzione.

Peraltro, sul punto di recente anche la Corte suprema con ordinanza 9912/2020 ha ribadito che la necessità di una compiuta indicazione della natura, della qualità e della quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione fatturata risponde a esigenze di trasparenza e conoscibilità, essendo funzionali a consentire l’espletamento delle attività di controllo e verifica. Pertanto, qualora la fattura non consenta l’esatta identificazione dell’operazione, non è idonea a fondare la presunzione di veridicità di quanto rappresentato e a costituire titolo per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva e per la deduzione del relativo costo.

Infine, la Ctr non ha accolto la contestazione sollevata dall’ufficio circa l’inammissibilità del ricorso a causa della laconicità dell’istanza di adesione presentata. La sospensione del termine non viene meno neanche quando il contribuente non si sia presentato al contraddittorio (Cassazione 27274/2019).

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