Controlli e liti

La lunga transizione verso lo scambio automatico

di Alessandro Galimberti e Valerio Vallefuoco,

 Possibile che dopo due voluntary disclosure e, soprattutto, dopo l’andata a regime dello scambio automatico di info fiscali, ci sia ancora tanto “nero” internazionale? Le stime degli studi - da Banca d’Italia all’Istat passando per l’Ocse - prima ancora che le indagini della Gdf e delle Entrate, danno la misura di un fenomeno che non sembra riducibile a livelli fisiologici. Anzi, se l’Istat attesta un dato di sommerso stabile nella prima metà del decennio in corso (forbice tra il 12,4% e il 13% del Pil) la stessa Banca d’Italia negli Occasional papers di Questioni di economia e finanza, a proposito di investimenti esteri non dichiarati, valuta che siano stabilmente tra il 13% e il 14% del totale investito, collocandosi in una forbice che, nel 2013 valeva in termini reali tra 127 a 178 miliardi. La “pulizia” portata dalle voluntary disclosure, soprattutto la prima con i 6o miliardi di emerso, in questa dinamica è solo un palliativo, considerato che una buona fetta del sommerso domestico è destinata a scivolare fuori dai confini per ragioni evidenti. L’azione dissuasiva degli accordi multilaterali nel frattempo siglati dall’Italia - oggi 101 giurisdizioni nei 5 continenti inviano in automatico i dati alla nostra amministrazione fiscale - non sta ancora producendo effetti, per una serie di concause. La prima è che i dati che hanno iniziato ad affluire nel 2018 sono in fase di lavorazione , in quanto ancora aggregati, e pertanto non utilizzabili per eventuali contestazioni. Si tratta di informazioni potenzialmente molto interessanti (saldo o valore del conto, sia di deposito sia riferito a titoli e strumenti finanziari, e dell’importo totale lordo degli interessi, dei dividendi e degli altri redditi generati dalle attività detenute nei conti posseduti in quei 101 Paesi da un soggetto residente in Italia) ma, in questa fase storica, ancora acerbi. Nel frattempo molte migliaia di contribuenti “sensibili” hanno trasferito la residenza fiscale all’estero, non solo in Svizzera: se si tratti di reali scelte di vita o di manovre elusive si potrà capire solo all’esito di eventuali indagini che l’amministrazione intraprenderà, anche alla luce delle norme approvate dal precedente governo sui trasferimenti troppo “tempestivi”.

Tra l’altro gli standard Crs (di scambio automatico) non coprono totalmente lo spettro di investimenti possibili all’estero, considerato che, per esempio, le proprietà immobiliari sono fuori da questo radar. Se è vero che i registri immobiliari sono generalmente pubblici, la scoperta di eventuali asset non dichiarati comporta un’ulteriore attività investigativa, in teoria anche partendo da piccoli conti esteri sui quali, per esempio, vengono di solito imputati eventuali affitti percepiti in loco, spia di proprietà non dichiarate.

La lunga transizione verso l’effettiva operatività dello scambio automatico - che prevede due arrivi di file l’anno - giustifica in un certo senso , dal punto di vista dell’amministrazione, la sopravvivenza del famoso quadro RW in cui il contribuente dichiara i propri asset esteri. Ma anche a prescindere dalla ridondanza del dato - di cui l’amministrazione prima o poi disporrà pienamente - sulla sezione dichiarativa gravano già da tempo nubi europee. Il principio della libera circolazione dei capitali (sentenze della Corte di Giustizia C- 132/10 Halley, C- 262/09 Meilicke) osterebbe a che l’ordinamento tributario imponga al contribuente ulteriori adempimenti nell’ipotesi in cui le autorità tributarie dispongano già di indizi e informazioni sull’esistenza all’estero di attivi redditualmente rilevanti. Ancora ( sentenza C 317/15 del febbraio di due anni fa) nel mirino della Corte finì il raddoppio dei termini di accertamento per mancata dichiarazione RW, previsto in Italia dall’articolo 12 del dl 78 del 2009.

La strada della collaborazione con il fisco ad oggi è l’unica che ha portato risultati. Gli strumenti a disposizione dell’amministrazione vanno dallo scambio automatico informazioni a quello spontaneo, a richiesta e di gruppo, fino alla utilizzabilità delle informazioni e dei dati antiriciclaggio e le cosiddette «liste selettive» di controllo introdotte dalla Vd 2 per coloro che avevano cambiato residenza in periodi sospetti.

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