L'esperto rispondeImposte

La maternità non aumenta il reddito

La risposta è stata data dall’agenzia delle Entrate al quesito posto dagli esperti e lettori del Sole 24 Ore nel corso di Telefisco 2020

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di Gabriella Ferretti (divisione Contribuenti - agenzia delle Entrate)

La domanda

L’indennità di maternità rientra nel calcolo dei 65mila euro ai fini dell'accesso/permanenza nel regime?

L’articolo 6, comma 2, del Tuir, dispone che «i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti», attraendo, quindi, a tassazione sia proventi sostitutivi di redditi o conseguiti per cessione dei relativi crediti che indennità risarcitorie dei danni derivanti dalla perdita di redditi fiscalmente rilevanti. Di conseguenza, tali proventi e indennità fiscalmente equivalgono ai redditi della categoria di quelli sostituiti, ceduti o perduti.

Tale previsione normativa, come chiarito con la risoluzione n. 50/E del 18 aprile 2001, si applica nei confronti di tutte le categorie di reddito elencate nel comma 1 del citato articolo 6 del Tuir.

Pertanto, la tassazione degli emolumenti “sostitutivi” segue i medesimi criteri di tassazione previsti per i redditi “sostituiti”, sempreché questi ultimi siano inquadrabili in una delle categorie previste dal citato articolo 6, comma 1, del Tuir.

Tuttavia, come chiarito nella circolare del 30 maggio 2012, n. 17/E, l'indennità di maternità, non va considerata in relazione alla verifica del limite imposto dal comma 96 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (regime dei contribuenti minimi), in quanto non costituisce ricavo o compenso, riferito alla somma dei ricavi e dei compensi derivanti dalle diverse attività esercitate, come risulta evidente dall'articolo 68, comma 2, del Dlgs 26 marzo del 2001, n. 151, secondo cui «alle lavoratrici autonome, artigiane ed esercenti attività commerciali è corrisposta, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa data effettiva del parto, una indennità giornaliere pari all'80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo 1».

Analoghi principi risultano applicabili anche in relazione al regime fiscale agevolato, il cosiddetto regime forfettario, di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (come modificato dall'articolo 1, comma 692, della legge 27 dicembre 2019, n. 160), rivolto ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni.

Pertanto, l'indennità di maternità non va computata, ai fini dell'accesso o permanenza al sopra richiamato regime.

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