Imposte

La quota conferita in un Pir alternativo non fa perdere il bonus start up innovative

La risposta a interpello 113/2021: niente decadenza anche se l’apporto avviene prima di aver presentato la dichiarazione dei redditi in cui sarà richiesta la detrazione

di Marco Piazza

L’apporto in un Pir alternativo di una partecipazione in una start up innovativa, pur essendo assimilato ai fini fiscali come una cessione a titolo oneroso, non comporta decadenza dal beneficio della detrazione Irpef del 30% prevista all’articolo 29 del Dl 179/2012 neppure se avviene prima ancora di aver presentato la dichiarazione dei redditi in cui sarà richiesta la detrazione. È quanto emerge dalla risposta a interpello 113/2021 diffusa dalle entrate il 16 febbraio.

In altri termini, la presunzione che l’apporto in un Pir costituisca, ai fini fiscali, una cessione a titolo oneroso (articolo 1, comma 101, della legge 232/2016) non determina la decadenza dall’agevolazione prevista dal Dl 179, né impedisce la sua applicazione. Il dubbio, evidentemente, è sorto per il fatto che l’articolo 6, comma 1 lettera a) del Dm 7 maggio 2019 («Modalità di attuazione degli incentivi fiscali all’investimento in start-up innovative e in Pmi innovative») annovera fra le cause di decadenza del beneficio della detrazione, la cessione, anche parziale, a titolo oneroso, delle partecipazioni o quote oggetto dell’investimento, entro tre anni dalla data in cui rileva l’investimento.

La risposta si basa sulla constatazione che l’apporto non determina sul piano sostanziale il mutamento nella titolarità dell’investimento, limitandosi a realizzare una modifica del regime fiscale applicabile ai proventi derivanti dagli strumenti conferiti al Pir.

Il quesito riguarda le partecipazioni in una start up innovativa, ma le conclusioni dell’Agenzia devono estendersi anche alle partecipazioni in Pmi innovative a cui si applicano le agevolazioni di cui all’articolo 4, comma 1, del Dl 3/2015.

Particolarità del caso oggetto del quesito è che la sottoscrizione della quota nella start up innovativa è avvenuta - tramite una piattaforma di equity crowfunding – mediante il servizio di rubricazione quote offerto da una Sim che dunque detiene la quota in nome proprio, ma per conto del contribuente (articolo 100-ter, comma 2-bis, del Testo unico della finanza).

Incidentalmente, l’interpello ribadisce il contenuto della risposta 96 del 2019 in cui si conferma che le quote di piccole e medie imprese costituite in forma di Srl offerte al pubblico tramite piattaforme di equity crowdfunding legittimamente operanti (ma si deve intendere anche quelle offerte al pubblico in altra forma consentita dalla norma) possono essere inserite tra gli «investimenti qualificati» di un Pir.

Va ricordato che, con riferimento al caso particolare dei Pir alternativi, la bozza di circolare messa in consultazione dall’agenzia delle Entrate (i termini per l'invio dei contributi si sono conclusi proprio ieri 16 febbraio) afferma che, tenuto conto che, per i Pir alternativi, è prevista la possibilità di detenere come investimenti qualificati prestiti e crediti che non costituiscono strumenti finanziari, sono ammissibili in tale categoria di investimento, in generale, anche le partecipazioni in quote di società a responsabilità limitata e prescindere dal fatto che siano offerte al pubblico e che siano Pmi.

Naturalmente non deve trattarsi, in ogni caso, di partecipazioni al capitale superiori a 25% (5% per le società quotate) o partecipazioni ai diritti di voto superiori al 20% (2% per le società quotate) poiché questa tipologia di investimento non può mai essere immessa in un Pir.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©