Controlli e liti

La richiesta di rimborso della polizza a garanzia del credito non è soggetta al termine biennale

Gli Stati membri non devono far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo

di Anna De Toni

Il principio dell’integrità patrimoniale sancito dall’articolo 8 dello Statuto del contribuente è applicabile anche alle richieste di rimborso dei crediti Iva disciplinate dall’articolo 38-bis del Dpr 633/1972. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 5508/20.

Per comprendere il carattere innovativo della decisione della Suprema Corte va ricordato che l’articolo 8, comma 4 dello Statuto del contribuente prevede che «l’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata».
Secondo l’agenzia delle Entrate, che ha promosso il ricorso, la disposizione avrebbe dovuto trovare applicazione solo nelle ipotesi di garanzia prestata in relazione a imposte non dovute o dovute in misura minore.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso erariale, ha riconosciuto applicabile l’articolo 8 dello Statuto del contribuente a tutte le ipotesi in cui la prestazione di garanzie è prevista come obbligo normativo: ossia la sospensione del pagamento dei tributi, la rateizzazione o il rimborso.

Nella sentenza viene inoltre sottolineato che una diversa interpretazione contrasterebbe con la finalità della disposizione dello Statuto, diretta a preservare l’integrità patrimoniale dei contribuenti a fronte di una pretesa impositiva infondata o di una legittima richiesta di rimborso di somme dovute, rischiando di entrare in frizione con il diritto unionale.
Nel solco della giurisprudenza della Corte di giustizia Ue che ha stabilito che gli Stati membri, pur disponendo di una certa libertà nella determinazione delle modalità di rimborso delle eccedenze Iva, non devono far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo, la Corte ha ricordato che l’Italia ha già subito una procedura di infrazione (la 2013/4080) proprio sulla procedura adottata per l’esecuzione dei rimborsi dei crediti Iva.
I giudici hanno anche cassato l’eccezione dell’asserita tardività della richiesta di rimborso, sollevata dalla difesa erariale secondo la quale doveva ritenersi applicabile alla fattispecie il termine biennale previsto dall’articolo 21, comma 2, del Dlgs 546/92 previsto per la restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori, equiparando la fideiussione alla cauzione.

La Corte ha però stabilito che la polizza fideiussoria, benché assimilabile alla cauzione sotto il profilo della finalità, è nettamente differente morfologicamente: mentre la cauzione è una garanzia reale, consistente nel versamento di titoli o somme di denaro di proprietà del debitore a favore del creditore, la polizza fideiussoria non mira a garantire l’adempimento dell’obbligazione principale ma a indennizzare il creditore insoddisfatto con il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

La prestazione che ne è oggetto è quindi diversa rispetto a quella oggetto dell’obbligazione principale, e il rapporto che si instaura tra fisco e contribuente per la restituzione della somma corrispondente ai costi per l’ottenimento della polizza fideiussoria è autonomo rispetto al rimborso del tributo: per questa ragione secondo la Suprema Corte la polizza fideiussoria non può considerarsi accessoria al rapporto d’imposta e non può quindi essere applicato al rimborso dei suoi costi il termine biennale previsto dall’articolo 21 del Dlgs 546/92.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©