Controlli e liti

La richiesta a terzi non blocca la regolarizzazione

Focus sul ravvedimento e sullo «scudo» delle sanzioni penali

di Laura Ambrosi

Se il contribuente regolarizza la dichiarazione fraudolenta, infedele od omessa prima dell’inizio del controllo, non è punibile ai fini penali. A tal fine potrà utilizzare anche il ravvedimento operoso, beneficiando delle riduzioni previste per le sanzioni amministrative.

Le modifiche contenute nel Dl 124/2019 hanno esteso la non punibilità già prevista per i reati di dichiarazione infedele e omessa presentazione (rispettivamente articoli 4 e 5 del Dlgs 74/2000) anche alla dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e mediante alti artifici.

Tale causa di esclusione della punibilità scatta allorché i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, siano estinti con l’integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso, sempreché la regolarizzazione intervenga prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. La regolarizzazione consiste, in sostanza, nel ravvedimento della dichiarazione contenente false fatture, connotata da altri artifizi o infedele prima che la violazione sia contestata.

Il contribuente, quindi, regolarizza la propria posizione pagando imposte, interessi e sanzioni ridotte.

Da evidenziare che se ai fini amministrativi si può procedere con il ravvedimento anche dopo la consegna del Pvc, ai fini penali, la causa di non punibilità scatta solo se la regolarizzazione avviene prima di qualsivoglia controllo.

Per il reato di dichiarazione omessa, è prevista la non punibilità a condizione che la presentazione avvenga prima della contestazione della violazione e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno successivo.

Va ricordato che per queste violazioni non esiste alcuna forma di ravvedimento, poiché tale istituto disciplina solo ipotesi di regolarizzazioni effettuate entro 90 giorni dall’ordinaria scadenza che tuttavia ai fini penali sono irrilevanti in quanto il delitto si consuma trascorsi proprio tali 90 giorni. Ne consegue che, per la non punibilità, il contribuente deve:

a)presentare la dichiarazione entro il termine previsto per la scadenza di quella dell’anno successivo;

b)pagare le imposte dovute, con interessi e sanzioni ordinarie (ossia 60% dell’imposta).

Al riguardo non è ben definito come il contribuente possa spontaneamente versare le sanzioni intere (non essendoci il ravvedimento) senza attendere l’atto di irrogazione dell’ufficio che rischierebbe di vanificare la non punibilità.

L’assenza di controlli

La presentazione della dichiarazione corretta deve avvenire prima dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Tale circostanza riduce fortemente il ricorso a tale istituto. In pratica, infatti, il contribuente difficilmente regolarizza autonomamente la propria dichiarazione senza alcuna “sollecitazione” in tal senso (ad esempio conoscenza di provvedimenti a suo carico).

Spesso poi si verifica che il contribuente riceva una richiesta di chiarimenti/esibizione di documenti da parte dell’amministrazione in relazione a controlli a carico di un terzo soggetto, presumibilmente emittente di fatture per operazioni inesistenti. In una simile ipotesi, il contribuente ha conoscenza di un procedimento amministrativo e/o penale a carico però di un terzo. Si ritiene che non vi sia, in questo caso, una “formale conoscenza” idonea a far venir meno la possibilità di regolarizzazione delle fatture (false) ricevute, in quanto la contestazione ufficiale non è ancora avvenuta.

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