Controlli e liti

La risposta all’interpello non ha valore per tutti

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di Laura Ambrosi

Non esiste nel nostro ordinamento un generico principio di affidamento. L’interpello infatti interessa esclusivamente il singolo contribuente che ha formulato l’istanza e questioni specifiche. Ne consegue che è legittima la censura ad una società che si sia uniformata ad una risposta di una Direzione regionale, su un caso analogo, ma richiesta da altro contribuente. A fornire questo principio è la Corte di cassazione, con l’ordinanza 9719 depositata ieri.

Ad una società venivano mosse, tra l’altro, contestazioni sull’indebita utilizzazione del regime del margine. La contribuente si difendeva rilevando che si era uniformata ad un parere reso, per un caso del tutto analogo al suo, da una Direzione regionale a seguito di quesito di altro contribuente.

Sia la Ctp, sia la Ctr annullavano l’atto impositivo. In particolare i giudici di appello evidenziavano che nonostante i fatti fossero avvenuti in data antecedente all’entrata in vigore dello Statuto del contribuente e, segnatamente dell’introduzione dell’istituto dell’interpello, il Fisco era comunque tenuto a non emettere atti difformi alla risposta data in relazione ad un caso del tutto analogo. Doveva quindi ritenersi pacifico che la società si fosse adeguata a questa risposta, che ha l’effetto di conferire certezza giuridica alle conseguenze tributarie derivanti dal suo operare nel senso conforme alla risposta.

L’Agenzia ricorreva per cassazione, lamentando che a norma dell’articolo 11 della legge 212/2000 la risposta resa in sede di interpello spiega effetti solo nei confronti del singolo istante, rispetto al caso concreto prospettato con la conseguenza che non poteva estendersi ad altro contribuente. Veniva poi eccepito che non esiste nell’ordinamento tributario un principio di affidamento a beneficio del contribuente rispetto a un quesito proposto da un terzo alla direzione regionale su questioni simili.

I giudici di legittimità, dopo aver ritenuto infondata la prima eccezione in quanto all’epoca dei fatti non era vigente l’istituto dell’interpello invocato dall’Agenzia, hanno invece condiviso l’ulteriore eccezione.

Secondo la Cassazione, infatti, il generico principio di affidamento richiamato dal contribuente non trova supporto in nessuna norma di diritto e non è suffragato nemmeno da disposizioni successivamente intervenute che tutelano l’affidamento fondato su risposte ad un interpello proposto dal singolo contribuente e su questioni specifiche.

La pronuncia lascia perplessi: pare veramente singolare che un contribuente, a prescindere dall’esistenza di una specifica norma di legge in tal senso, debba essere censurato per un comportamento suggerito, per un caso analogo, dalla stessa Agenzia.

Cassazione, ordinanza 9719/2018

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