La stretta antifrode è ostacolata da controlli lunghi e complicati
I vincoli introdotti dal decreto fiscale 2019 sembrano fermare l’evasione, ma i termini sono spesso superati
La stretta contro le frodi Iva sulle vetture usate provenienti da Paesi Ue è a regime da quasi un anno, ma non di rado i controlli sono lenti e con prassi variabili sul territorio, mettendo in difficoltà anche i commercianti in regola e le agenzie di pratiche che assistono loro e i clienti privati. Non pare che ne vada dell’efficacia antifrode del nuovo sistema, per ora riconosciuta da tutti. Ma proprio per questo si stanno rivelando ormai restrittivi i limiti alle compensazioni Iva introdotti nel 2007, quando l’evasione dilagava.
Fu quella l’epoca della prima stretta con il blocco delle immatricolazioni in Italia in assenza di versamento Iva. Tuttavia le frodi sono continuate fino al 2020: ci sono casi in cui è lecito non versare l’Iva e gli operatori scorretti fanno in modo da rientrarvi pur non avendone titolo (si veda la scheda a destra), ricorrendo anche a documenti falsi che comportano di per sé responsabilità per loro e talvolta anche per i clienti finali.
La svolta è arrivata con l’articolo 9 del Dl 124/2019, attuato col Provvedimento 17 luglio 2020 dell’agenzia delle Entrate, che affronta il caso di frode diventato più frequente: l’acquisto di vetture all’estero da parte di commercianti facendolo risultare effettuato direttamente dai propri clienti. Il Provvedimento ha ulteriormente ristretto i margini di manovra di coloro che in passato evitavano i controlli del Fisco, presentando direttamente i documenti alla Motorizzazione: il punto 5.1 dispone che tutte le fattispecie che consentono di non versare l’Iva prima dell’immatricolazione siano preventivamente verificate dell’Agenzia «nel termine di 30 giorni dalla data di presentazione dell’istanza» per ottenere la convalida che sblocca l’immatricolazione. Inoltre, se dalla verifica dovessero emergere gravi elementi di rischio di frode, «al fine di consentire l’esecuzione di riscontri specifici e più approfonditi da parte delle strutture competenti per il controllo, il termine può essere esteso di ulteriori 30 giorni».
La verifica e la sua tempistica sono ora al centro della strategia antifrode. E qui si concentrano i problemi attuali, riferiti da operatori qualificati a livello nazionale.
In alcune città, gli uffici chiedono chiarimenti anche quando la differenza lorda fra il prezzo di acquisto estero e il prezzo della prima vendita del veicolo in Italia non appare anomala (se si considerano costi di trasporto, oneri finanziari, spese di gestione eccetera). Visto che l’Agenzia determina i valori normali sulla base delle quotazioni di banche dati che sono tra i riferimenti riconosciuti su tutto il mercato, le richieste potrebbero essere dovute all’assenza di linee guida interne sul tema.
Ricevuti i chiarimenti, le pratiche non sempre vengono sbloccate subito. Forse pesa anche l’incertezza giuridica sulla possibilità di revocare l’immatricolazione (si veda Il Sole 24 Ore del 2 marzo), nel caso in cui un futuro esame più attento dovesse far emergere illeciti. In ogni caso, ci sono uffici che faticano a rispettare le scadenze previste dal Provvedimento (altri invece evadono le pratiche anche in quattro-cinque giorni). E il rispetto dei termini è fondamentale sia per un rapporto in buona fede tra Fisco e contribuenti sia per quello commercianti-clienti. Inoltre, nel caso di specie, trovano applicazione i princìpi di non discriminazione e di proporzionalità sanciti dalla legislazione unionale europea.
Altre difficoltà pratiche per gli operatori (già danneggiati dalla concorrenza sleale di chi ricorreva alle frodi) riguardano la prenotazione degli appuntamenti (a volte è necessaria la presenza fisica), l’assenza di modulistica standard e le modalità di presentazione di istanze e documenti (non sempre sono accettati via pec, a volte è richiesta l’esibizione di originali che vengono trattenuti e di documentazione non prevista da alcuna norma). Non c’è omogeneità su quali documenti vadano tradotti in italiano.
Ciò non toglie che per ora non stiano emergendo frodi ulteriori rispetto alle tante su cui la Guardia di finanza ha indagato prima della stretta dello scorso anno. Ma resta immutata la misura restrittiva prevista dal Provvedimento del 25 ottobre 2007, che nel disporre l’obbligo di versare l’Iva prima dell’immatricolazione ne vietava la compensazione a mezzo F24, andando oltre il precetto della normativa primaria. D’altra parte, all’epoca non c’era la possibilità di bloccare in via preventiva le compensazioni sospette, attuata solo col Provvedimento del 28 agosto 2018. Visto il recente via libera Ue al progetto «Data driven approach to tax evasion risk analysis in Italy» dell’agenzia delle Entrate, potrebbero essere maturi i tempi per rivedere il divieto, dando agli operatori in regola il diritto alla compensazione dell’Iva con altri tributi a credito, in linea con l’articolo 8 dello Statuto del contribuente.