Imposte

La «vecchia» Ace prova a dribblare le clausole anti-abuso

di Michele Brusaterra

In presenza di conferimenti in denaro provenienti da soggetti del gruppo, va sterilizzata la base Ace per il medesimo importo.

Arrivata al suo ultimo periodo d’imposta di applicazione, l’aiuto alla crescita economica, meglio conosciuta come Ace, abrogata, a partire dal 2019, dalla legge di bilancio n. 145 del 30 dicembre 2018, deve sottostare a tutta una serie di "regole" anti-abuso che hanno la finalità di evitarne la duplicazione.

A tal riguardo, l’agenzia delle Entrate, con il principio di diritto n. 12 del 6 novembre 2018, ha fornito importanti chiarimenti in merito alla disapplicazione delle norme anti-abuso nel caso in cui una società presenta una base Ace mista, composta cioè sia da conferimenti che da utili accantonati.

Il principio chiarisce, in particolare, che in tale ipotesi la sterilizzazione deve essere operata solo fino a concorrenza dell’importo della base Ace formata da conferimenti in denaro provenienti da soggetti del gruppo, in quanto è solo entro questi limiti che possono prodursi duplicazioni del beneficio.

In presenza, quindi, di utili accantonati a riserva per 100 e di conferimenti in denaro ricevuti dai soci per 75, se la società effettua un aumento di capitale a favore di una partecipata per 70, essa è tenuta a ridurre la propria base Ace per l’intero importo di 70, in quanto le somme si devono considerare attinte dagli apporti dei soci, e non dagli utili accantonati a riserva.

In merito alle clausole anti-abuso, è l’articolo 10 del decreto ministeriale 3 agosto 2017 a prevederne la disciplina, con l’obiettivo di evitare, fra le altre, che, nell’ambito dei gruppi societari, si verifichino effetti moltiplicativi del beneficio. Per effetto delle disposizioni anti-abuso, la base Ace deve essere ridotta in presenza di conferimenti in denaro a favore di società del gruppo, di acquisto di partecipazioni, ovvero incremento della quota già detenuta, in società controllate già appartenenti al gruppo, di acquisto di aziende o di rami di azienda da società del gruppo, di incremento, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, dei crediti da finanziamento nei confronti di società del gruppo, di conferimenti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Stati o territori che non consentono un adeguato scambio di informazioni, anche se non appartenenti al gruppo.

Le suddette clausole si applicano sia ai soggetti Ires che ai soggetti Irpef che appartengono al medesimo gruppo. A tal riguardo, si considerano società del gruppo le società controllate, controllanti o controllate da un medesimo soggetto ai sensi dell’articolo 2359 codice civile, inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali, ad eccezione dello Stato e degli altri enti pubblici.

Ai fini dell’applicazione delle clausole anti-abuso è sufficiente che nell’ambito del gruppo sia presente almeno un soggetto beneficiario dell’Ace. Resta fermo che le fattispecie elencate dall’articolo 10 del decreto ministeriale 3 agosto 2017 non esauriscono i casi di operazioni di capitalizzazione societaria idonee a generare un incremento dell’agevolazione Ace che possono dare luogo a fenomeni di elusione fiscale.

Il contribuente, pertanto, è tenuto a valutare, caso per caso, l’ordinaria applicazione della disciplina generale anti-abuso, regolamentata dall’articolo 10-bis della legge 212/2000. Le clausole anti-abuso possono essere disapplicate tutte le volte in cui non si verifica nei fatti alcuna duplicazione del beneficio, pur in presenza di fattispecie che in astratto presentino un rischio di duplicazione.


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