Controlli e liti

La verifica finanziaria si estende anche ai conti correnti dei familiari

di Roberto Bianchi

Le operazioni bancarie effettuate sui conti personali di soggetti correlati al contribuente da vincoli di parentela o da relazioni contrattuali possono essere ascritti all’imprenditore, salva la prova contraria a suo carico, al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto i menzionati rapporti di prossimità configurano elementi indiziari che assumono la consistenza di prova presuntiva legale, nel caso in cui il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale.
A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione con l’ ordinanza 17156/2018 .
La Ctr della Sicilia ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia dichiarando l’illegittimità dell’avviso di accertamento ai fini Irpef, Irap e Iva, con il quale l’Ufficio ha recuperato a tassazione il maggiore reddito d’impresa in quanto l’Amministrazione non ha fornito elementi probatori in grado di sorreggere adeguatamente la ripresa a tassazione dalla stessa operata.
Avverso la sentenza della Ctr l’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione denunciando, in relazione al comma 1, n. 3, articolo 360 del Codice di procedura civile, la violazione del comma 1, n. 2, articolo 32 del Dpr 600/1973, del comma 2, n. 2, articolo 51 del Dpr 633/1972, nonchè degli articoli 2697, 2727, 2728 e 2729 del Codice civile, per non avere il giudice di appello, a fronte di un accertamento fondato su di una indagine bancaria, invertito l’onere della prova a carico della contribuente in ordine alla specifica riferibilità di ogni prelevamento o versamento sui conti correnti oggetto di verifica a operazioni non imponibili.
Per il Collegio di legittimità il ricorso è fondato in quanto l’articolo 32 del Dpr 600/1973 prevede una “presunzione legale” in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi. A fronte di tale “presunzione legale”, ai fini delle imposte dirette, il contribuente ha l’onere di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre a verifica da parte del Giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cassazione sentenza 19971/2016), mentre in ambito Iva, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal comma 2, n. 2 dell’articolo 51, Dpr 633/1972, è necessario che lo stesso fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, in assenza di rilevanza tributaria (Cassazione, sentenza 4829/2015). I Giudici del Palazzaccio hanno inoltre ribadito che, come già disposto in passato dalla Corte Suprema, i movimenti bancari operati sui conti personali di soggetti legati al contribuente da stretto rapporto familiare o da particolari rapporti contrattuali, possono essere riferiti al contribuente, salva la prova contraria a suo carico, al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto tali rapporti di contiguità rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale» (Cassazione 16978 del 2015).
La pronuncia appare particolarmente rigorosa in quanto è onere dell’Ufficio provare che i conti intestati esclusivamente a terzi siano utilizzati nell’ambito dell’attività del contribuente oggetto di accertamento in quanto il medesimo onere probatorio, sulla base di presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, vige per l’interposizione fittizia ex articolo 37, comma 3 del Dpr 600/1973, alla quale la fattispecie risulta essere riconducibile e, di conseguenza, anche per le operazioni relative alle movimentazioni dei conti intestati a terzi deve essere utilizzato il medesimo parametro (Cassazione, ordinanza 15875/2018). Di conseguenza, il Giudice è tenuto a verificare, in sede contenziosa, il grado di fondatezza delle presunzioni operate dall’Ufficio circa la riferibilità al contribuente delle movimentazioni dei conti intestati a terzi soggetti.

Cassazione civile, sezione V, ordinanza 17156 del 28 giugno 2018

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